In merito al progetto del  corridoio transeruasiatico abbiamo incontrato l’accademico di russia Yury Gromyko

«Dobbiamo abbandonare l’idea della globalizzazione intesa come il generalizzarsi di aree dove gruppi finanziari privati ottengono i massimi profitti speculativi, e individuare piuttosto dove stanno gli interessi comuni che si possono soddisfare tramite la collaborazione nella scienza, nel management, nell’industria e nella finanza». Yury Gromyko, accademico di Russia e direttore dell’Istituto per gli Studi Avanzati di Mosca, incontrato a Milano, puntualizza come la vastissima opera infrastrutturale proposta avrà un effetto globale sull’Europa.

«Con gli amici italiani abbiamo già elaborato la proposta di costituire un gruppo di lavoro stabile bilaterale, la “Metaindustrial Project Agency”, il cui scopo sarà di definire gli strumenti su cui condurre la collaborazione tra Italia e Russia, individuando le linee guida per dare concretezza al progetto del nuovo corridoio di sviluppo transeurasiatico. È chiaro che vi sono diverse possibilità di partnership e di trasferimento di tecnologie nei progetti di investimento che stanno partendo in Russia: in campi quali l’alta velocità, le stazioni di interscambio, la costruzione di un anello ferroviario attorno a Mosca per il quale si è aperto un dialogo con la Metropolitana Milanese. Si sono anche poste le basi per una collaborazione per la formazione manageriale e per la ricerca tra Ferrovie Russe, Università Bocconi e Politecnico di Milano».

Siamo in una profonda crisi globale. Come si inserisce in tale contesto il progetto di corridoio transeruasiatico?

«Proprio in queste condizioni di crisi, il nuovo corridoio di sviluppo sarà il motore di una vasta serie di iniziative nell’economia reale. L’idea è di generare un nuovo “polo” eurasiatico, che si unisca agli altri due esistenti, Stati Uniti e Cina. Se non si costituisse questa prospettiva, sarebbe difficile concepire in futuro un mondo multipolare. Ma non è solo questione di rapporti di forza tra aree geografiche, bensì anche, anzi soprattutto, di modelli di gestione dell’economia. Se finora nel mondo si sono contrapposti il sistema statalista e quello liberista – ed entrambi hanno mostrato i loro limiti – si tratta piuttosto di far crescere un nuovo modello, in cui grandi progetti fungano da volano per attivare energie di diversi Paesi, nel segno della collaborazione nei vasti territori russi, tra Siberia orientale e occidentale, insieme con l’Europa Occidentale e la Cina, secondo principi del buon vicinato».

Come con l’antica “via della seta”…

«Ma qui non si tratta di costruire nuove infrastrutture che consentano di trasportare i prodotti cinesi in Europa, senza badare a quel che accade sui territori attraversati: la Transiberiana esiste già… Bensì di cogliere la realizzazione di una nuova rete integrata di trasporti e comunicazioni, quale occasione per generare nuova ricchezza in tutti i territori. E questo con un attento approccio manageriale, volto a permettere lo sviluppo, non la semplice crescita: non il semplice aumento quantitativo dei beni, ma il miglioramento dei sistemi produttivi e abitativi, nel rispetto dell’ambiente, favorendo la continua ricerca di nuove soluzioni».

In concreto che vuol dire?

«Per esempio, oggi è in atto ovunque un forte movimento verso le città, di persone attratte dall’idea di arricchirsi in fretta: questo impoverisce vaste zone di territorio, e dà luogo a masse crescenti che vivono in condizioni precarie nei nuclei urbani. Le infrastrutture da realizzarsi col corridoio transeurasiatico favoriranno la nascita di nuovi insediamenti dotati di assistenza medica, centri culturali, energia, ecc., così da elevare la qualità della vita nelle campagne. Questo favorirà anche la crescita demografica, che invece oggi, con l’urbanesimo, tende a essere sacrificata».

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