FRONTIERE

Armi nucleari e buona volontà. Entra in vigore il trattato, ma per l’abolizione ci vuole altro

È entrato in vigore il 22 gennaio 2021 il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari. Era stato ratificato nell’ottobre 2020 dopo esser stato adottato dalla Conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, con 122 voti a favore, un contrario (Danimarca) e un astenuto (Singapore).

È uno di quei documenti che affermano principi di validità universale, un tema di valore straordinario. Tutto il lungo periodo della guerra fredda è stato dominato dalla minaccia che scoppiasse un conflitto globale con l’uso di armi nucleari e nel corso di quei lunghi anni la coscienza di tale minaccia, che probabilmente raggiunse il suo culmine nei giorni delle crisi di Cuba dell’ottobre 1962, aleggiava su ogni incontro internazionale, su ogni passo che si muovesse sulla scena politica nel mondo, perché il ricordo delle devastazioni della seconda guerra mondiale era ancora vicino e vicine erano le immagini delle distruzioni sofferte da Hiroshima e Nagasaki.

Nel testo del trattato ( https://treaties.un.org/doc/Treaties/2017/07/20170707%2003-42%20PM/Ch_XXVI_9.pdf ) si parla delle “catastrofiche conseguenze umanitarie” derivanti dall’eventuale uso di tali armi. Per cui si stabilisce che gli Stati si impegnano a non sviluppare, produrre o ospitare sul proprio territorio ordigni esplosivi nucleari di qualsiasi sorta.

Ma sono, alla fin fine, parole. E a tale Trattato si oppongono tutti i possessori di armi nucleari oltre a diversi altri Paesi, tra cui l’Italia, che dalla situazione di equilibrio fondato sulla deterrenza si sentono protetti. In particolare Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno dichiarato la loro avversione per tale iniziativa poiché questa non tiene conto della realtà della situazione strategica nel mondo, in cui la pace dipende dalla capacità di deterrenza, dovuta appunto alla reciproca minaccia più o meno equilibrata.

Ma se la questione era molto chiara nella guerra fredda, nella quale si affrontavano due blocchi più o meno ben definiti e imperniati su USA e URSS, con il crescere del mondo multipolare, e del numero di Paesi che dispongono di armi nucleari (oggi sono USA, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Israele, Pakistan, India, Nord Corea, mentre il numero di coloro che ne ospitano sul proprio territorio è molto più elevato) tutto è divenuto più complesso. Il Trattato sulla loro abolizione è sottoscritto in particolare da Paesi dell’Africa, dell’America Latina e da altri come Austria, Thailandia, Indonesia, Vietnam, Nuova Zelanda che per vari motivi si sentono al di fuori delle zone immediatamente interessate da potenziali conflitti nucleari o che non dispongono di risorse sufficienti per sviluppare tali armamenti.

Com’è noto le armi nucleari hanno un potere distruttivo particolarmente elevato e duraturo nel tempo, e tutte le circa 14.000 testate nucleari esistenti venissero usate nell’ambito di un conflitto generalizzato nessuno è in grado di sapere quali sarebbero le conseguenze e quanto durerebbero.

Ovvero, le armi nucleari si costruiscono e si tengono per non usarle, neppure in sede sperimentale, poiché s’è visto che le conseguenze dei test nucleari sono a loro volta disastrose e durature.

Ma se è così, perché continuare a tenerle? La risposta è, ovviamente: perché chi se ne liberasse non potrebbe essere certo che i suoi avversari farebbero lo stesso e in questo caso si troverebbe disarmato alle mercé delle loro minacce. Ma se è così allora non sarebbe giusto che ogni Paese (o alleanza strategica) ne avesse, per potersi sentire sicuro entro un contesto nel quale tanti altri ne dispongono? perché dunque non si vuole che Paesi quali l’Iran o la Corea del Nord ne abbiano?

Una volta accertato che stiamo parlando delle più letali armi che mai siano comparse sul pianeta, il dibattito sulla loro conservazione e sul loro dispiegamento è pieno di aporie.

Di qui evidentemente che tale dibattito finisca per sconfinare nel terreno delle utopie: realistico è averne, realistico è cercare di impedire che altri ne abbiano, utopico è proporre che tutti si accordino per abolirle.

Ma le Nazioni Unite sono qualcosa di più di un’utopia. Possono essere viste come un progetto teso a portare a compimento una situazione di armonia tra i popoli che la storia ancora non ha conosciuto. Ma il fatto stesso che esista come istituzione indica l’esistenza di un desiderio condiviso, che tale situazione si concreti.

E il fatto che papa Francesco insista su questo punto è indice che questa visione può essere trasportata dal campo dell’utopia al terreno della realtà. Nell’udienza generale del 20 gennaio 2021 il papa ha detto: «Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un modo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno». E Pax Christi International il 22 gennaio 2021 ha diramato un appello sottoscritto da decine di vescovi e altre autorità religiose di diverse regioni del mondo in cui tra l’altro si dice: «Papa Francesco ha sollecitato il sostegno per “i principali strumenti giuridici internazionali di disarmo nucleare e non proliferazione, compreso il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari”….Sicuramente, in quest’epoca di crescente interdipendenza e vulnerabilità globale, la nostra fede ci invita a cercare il bene comune e universale. “Siamo tutti salvati insieme o nessuno si salva”, dice la nuova enciclica del Papa Fratelli Tutti. “È possibile per noi essere aperti ai nostri vicini all’interno di una famiglia di nazioni?” chiede. La cooperazione internazionale è essenziale per affrontare la pandemia Covid-19, il cambiamento climatico, il divario tra ricchi e poveri e la minaccia universale delle armi nucleari». ( https://paxchristi.net/wp-content/uploads/2021/01/210121-Catholic-church-leaders-TPNW-statement-final-version-with-signatories-.pdf )

Nella sua nota “Imagine” pubblicata nel 1971, in piena guerra fredda, John Lennon, interpretando il sentire comune di molti ambienti caduti sotto l’influsso della cultura illuminista e variamente materialista, preconizzava un mondo di pace in cui non vi fosse religione a dividere gli esseri umani tra loro. Sta avvenendo il contrario: oggi è proprio la religione a promuovere l’intesa pacifica tra i popoli come unica risposta possibile alla minaccia bellica.

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