Dalle stelle alle stalle

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E tutti ce l’hanno con Salvini: brutale persecutore di immigranti, destrorso anti europeo, machiavellico tramatore di orditi per irretire gli alleati di governo i cui timidi cenni di difesa degli immigrati li aprono a una potenziale prospettiva di sdoganamento. La stampa manifesta la solita avversione di maniera che rimbalza da una pagina all’altra nelle lingue più diverse. Pare che preoccupino in particolare le giullaresche comparsate a torso nudo in spiaggia, intese come evidente segno di nostalgie pre repubblicane.

La Lega ha pochi giorni fa messo in minoranza il suo stesso governo allineandosi, contro i Cinque stelle, con PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia (mai parlamento fu dotato di etichette italianofile più di questo). Che tale evento riguardasse la prosecuzione dei lavori sul raccordo ad alta velocità tra Torino e Lione, parte del programma europeo di canali infrastrutturali volti a rafforzare l’unione del continente, è inteso dagli smaliziati commentatori politici solo come un fatto secondario e accidentale: la sostanza, ai loro occhi, è il gioco di alleanze e di sgambetti, di occupazione o sgomberamento di poltrone. In Italia la politica è sempre più miope, sempre più attanagliata all’angustia dei giochi di brevissimo termine, incapace di svolgere piani di ampio respiro.

Vorremmo qui anzitutto evidenziare che la strategia infrastrutturale europea, che il Movimento cinque stelle sistematicamente sabota, costituisce proprio il volto solare dell’Unione, quello che permette di migliorare le economie reali delle nazioni e che l’atteggiamento dei Cinque stelle al riguardo è espressione di pura irresponsabilità politica, tanto più che ha mirato a disattendere accordi già presi. Come può un Paese essere credibile se si mostra prono a mutare di opinione a ogni cambio di governo?

Beppe Grillo è stato un grande fustigatore del malcostume del potere. Il problema è che quando il suo movimento al potere è giunto, ha continuato a comportarsi come se fosse ancora all’opposizione. Governare è altra cosa: richiede bensì di perseguire i propri obiettivi, ma sapendo pure contemperarli con l’oggettiva situazione composta da alleanze e accordi che spesso, quasi sempre, richiedono l’arte del negoziare e del raggiungere compromessi ragionevoli e onorevoli per tutte le parti in causa. Se i Cinque stelle riusciranno veramente a tornare all’opposizione, luogo che naturalmente si confà loro, sarà meglio per tutti.

Quanto a Salvini, bisogna convenire che non v’è alcun politico che più e meglio di lui ricordi Mussolini. Non perché sia fascista, che non proviene da quella cultura politica, né l’abitudine di esibirsi a torso nudo di per sé lo qualifica per il ruolo. Semplicemente, come l’uomo del Ventennio, Salvini si è dimostrato capace di compiere ogni giravolta possibile e immaginabile pur di accondiscendere agli umori sempre più famelici di una piazza sempre più spaventata, ondeggiante, desiderosa di recuperare certezze che sente perdute.

I politici, per quanto li si chiami “leader”, che poi sarebbe l’inglese per il termine di origine latina “duce”, in realtà perlopiù sono come dei velisti: i più abili sono quelli che meglio sanno comprendere dove tira il vento e riescono a farsene trasportare più in fretta di quanto possano altri. Tranne le poche eccezioni di personaggi che si son rivelati effettivamente capaci di dare un indirizzo proprio al proprio Paese, a volte anche sfidando pregiudizi e umori della folla: ci piace pensare, al riguardo, a figure storiche quali Churchill, F.D. Roosevelt, De Gaulle, Alcide De Gasperi, J.F. Kennedy. Ma erano altri tempi.

Salvini si presenta come un autentico “leader” all’italiana, un velista che sa sniffare il vento ed è attratto dal profumo del potere, pronto a qualsiasi caporiola pur di piacere agli umori che più facilmente la folla esprime sul momento.

Mussolini fu: prima anarchico mangiapreti in Svizzera (navigando negli stessi ambienti in cui si esercitava Lenin prima di farsi trasportare in Russia dal capitalismo tedesco desideroso di liberarsi del fronte orientale durante la prima guerra mondiale); quindi convinto socialista mangiapreti; quindi interventista (ma sempre mangiapreti); quindi antisocialista e anticomunista quando il grande capitale chiamò a difesa delle fabbriche di cui si temeva l’esproprio e le masse disoccupate e impoverite cercarono disperatamente certezze (ma sempre lui era ancora mangiapreti); quindi occupatore del parlamento con sfacciata arroganza (ma sempre mangiapreti); quindi pronto al compromesso col Vaticano quando comprese che in qualche modo per governare l’Italia era necessario aver la Chiesa non nemica; poi ligio nell’associarsi alle persecuzioni razziali quando il potente alleato glie lo chiese. Ma non sniffò bene il vento dopo lo scoppio del conflitto: si convinse che Hitler avrebbe prevalso in Europa e per non perdersi parte del bottino volle invadere la Francia: fu l’inizio della fine.

Salvini è: prima attivista del centro sociale Leoncavallo (tendenza anarchica); quindi leghista della seconda ora, quando parve chiaro che la Lega stava divenendo veicolo di ingresso nelle stanze del potere spargendo il verbo separatista, secessionista, nordico-regionalista e antiromano; quindi, quando dopo la crisi del 2008 le istituzioni internazionali presero a essere viste come fautrici di crisi, eccelse in antieuropeismo e questo lo portò ad assumere il potere nella Lega; la paura degli immigrati lo ha consacrato come capopopolo indiscusso dopo l’ingresso nel governo italiano; a quel punto ha cominciato a citare De Gasperi, Giovanni Paolo II e infine la Vergine per consacrarsi come figura super partes ben radicato nella storia e negli animi della gente. Se parla agli operai è un operaio, se parla agli impiegati è un impiegato, se parla ai dirigenti di azienda è un dirigente d’azienda, ecc.

In entrambi i casi, Mussolini o Salvini, ci troviamo di fronte a personaggi che fondano la loro azione su solidi principi, oppure ad abili velisti? A chi scrive sembra ci si trovi di fronte alla demagogia, seppure di altissimo livello.

Se, come pare probabile, Salvini riuscirà grazie all’ignavia dei Cinque stelle a monopolizzare il prossimo governo, sapremo come andremo a finire: bisognerà vedere da che parte tirerà il vento, se mai si schiariranno gli orizzonti ingarbugliati dal titanico scontro tra, da un lato, gli Stati Uniti trumpiani (che con la Russia sembra essere lo sponsor estero principale di Salvini, in funzione anti-europea) e, dall’altro, l’emergente potere economico e strategico cinese (verso il quale sembrava che i Cinque stelle nutrissero simpatie, per quanto la Cina sia tutto un fervore di quelle costruzioni infrastrutturali da loro tanto avversate).

Per ora l’unica cosa che sembra possa dirsi con certezza è che continua ininterrotta la discesa dalle stelle alle stalle.

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