FRONTIERE

Essere architetti: un manuale per disporsi a una sfida

di Leonardo Servadio

“Diffidate dell’esibizionista, del professionista alla moda, del talento senza tecnica e della tecnica senza talento; della tecnologia esibita come panacea, fingendo di non sapere che la tecnologia è bugiarda perché costosa e pertanto non è per tutti. Un architetto che lavori per l’umanità cerca soluzioni al giusto costo per realizzare un sogno. Cosa assai più difficile che realizzare grattacieli impossibili, torti, con sbalzi innaturali, di altezze irraggiungibili o tutte le diverse e consimili manifestazioni di ignoranza”. Così scrive Stefano Mavilio in una delle composizioni che pone in coda al suo “Manuale per giovani Architetti” (Amazon, pagine 248, euro 9,00).

Un volume composito, una raccolta di pensieri, riflessioni e lezioni il cui scopo non è di insegnare a progettare, ma a essere architetti: che è qualcosa di ben diverso. Infatti il tema portante del volume ruota attorno all’Idea e all’Archetipo, cioè qualcosa di impalpabile, che si accompagna a un atteggiamento di pensiero, a un modo di intendere il mondo.

Quella dell’architettura contemporanea è una storia di continua crisi, perché gli argini della necessità strutturale si sono rapidamente allargati, in tal modo liberando la possibilità di immaginare forme inconsuete e così di sconfinare nell’arbitrio. E di qui a volte nell’assurdo, dando luogo a quel senso di estraneità che si prova di fronte a oggetti che dovrebbero essere concepiti per ospitare e per dar nobiltà all’intorno, ma nei quali spesso si ravvisa innanzi tutto l’intento di stupire chi guarda e di affermare l’originalità dell’autore.

Date queste condizioni, e a conseguenza dell’uso smodato delle capacità plastiche messe a disposizione dalla tecnologia, l’architettura contemporanea ha perso la cognizione del “tipo”, cioè di quell’insieme di caratteristiche capaci di esprimere il senso, la finalità, la funzione del singolo edificio. Di qui la vexata quaestio delle chiese che sembrano cinema o garage, degli edifici abitativi che sembrano casermoni o nel migliore dei casi arnie oppure, sull’altro estremo dell’esasperazione formale, di grattacieli che sembrano supposte o musei che sembrano carciofi meccanici.

Gli squilibri che derivano da tale situazione hanno dato e continuano a dar luogo a infinite polemiche, non solo nell’opinione pubblica, ma anche nell’ambito specialistico. Del resto essendo il nostro territorio quello a maggiore densità di architetti per chilometro quadrato, il numero di questi che invece di praticare l’arte si trovano a parlare della medesima, genera un terreno molto favorevole alla produzione di commenti prima ancora che di progetti.

È su questo sfondo che acquisisce rilevanza il volume di Mavilio: non un ennesimo veicolo di elucubrazioni a beneficio della vasta platea di un pubblico ciarliero, ma in parte lo sfogo di un critico insofferente alla frivolezza delle mode e soprattutto il condensato dell’esperienza di un docente che si è prefisso di esplorare le radici dell’arte del progettare: quanto precede quest’arte. Con lo scopo di educare architetti e non venditori di progetti.

Mavilio – Manuale per Giovani Architetti

Di qui che l’attenzione si volga al mondo delle idee e il volume si apra con un dialogo al modo platonico. Per aiutare a riconoscere come le idee vivano in un mondo tutto loro, attingibile da chi sappia liberarsi dalle pastoie del preconcetto e sappia salire in alto, ma in forza dell’umiltà, non dell’arroganza. E prosegua esplorando gli archetipi, ovvero gli elementi fondativi la cui rilevanza è stata soffocata dall’uso degli strumenti, cioè della tecnica che si sovrappone alla capacità e alla libertà generativa. La traccia che permette di concepire una separazione e un’individuazione; il recinto che definisce un confine tra spazi e permette di distinguere quanto sta fuori e quanto sta dentro; la torre che si erge unendo la terra al cielo; il muro che avvicina la presenza dell’orizzonte; la volta che raccoglie l’immagine del cielo. E poi il mattone quale elemento primigenio nella sua condizione di unità che può moltiplicarsi nella pluralità, di singolarità da cui nasce anche la continuità; il tracciato regolatore che rende ordine allo spazio e in questo è espressione del cosmo.

Per giungere al valore del simbolo, poiché l’essere umano pensa e sente in modo simbolico, così che la definizione di forme va sempre misurata sulla capacità evocativa di queste in relazione all’ambiente culturale nel quale si innestano. Ma tenendo presente che l’essere umano in quanto tale tiene in sé, per occulta che sia, la coscienza della propria appartenenza a un mondo “altro” del quale ricerca l’essenza ravvisando di questa solo gli echi.

Dove? Nell’ambito della disciplina dell’architettura, nella visione dello “spazio indicibile” di Le Corbusier e del suo Modulor; nelle aspirazioni di Gropius che, lungi dal volersi ridotto entro i criteri del funzionalismo affermava che “la soddisfazione dell’anima umana è importante quanto il benessere materiale e che il raggiungimento di una nuova visione spaziale è più significativo dell’economia strutturale e della perfezione funzionale”; nella capacità poetica dello schizzo che sa mediare tra realtà fattuale e mondo delle idee senza imprigionare queste nella rigidità del progetto e tanto meno nella meccanicità dei programmi di computer.

La conclusione che trae Mavilio, si potrebbe dire, è che l’architettura non va ingabbiata entro schemi, ma va fondata sull’apertura all’alterità. Su quell’aspirazione al bello e al vero dalla quale nasce la civiltà che chiamiamo occidentale. Ma in realtà non c’è una conclusione. “Penso che fare l’architetto oggi” scrive “significhi avere un programma etico… occuparsi dei poveri, degli anziani, dei non-aventi-possibilità-di-accesso-a-nente” e “sapere cosa è il Bello”.

Bello: un termine un tempo ostracizzato. Parla di emozione e di ragione, di storia e di contemporaneità creatrice. Ci si può girare attorno, per quanto sia difficile afferrarlo. Questo “Manuale” però fa capire che da qualche parte nella pratica dell’architettura lo si può cercare.

Stefano Mavilio, “Manuale per giovani Architetti” (Amazon, pagine 248, euro 9,00)

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