Galantino: cambiare le leggi favorisce il malaffare

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Da mani pulite a Cantone. Il valore delle regole”

(ROMA, Senato della Repubblica – Palazzo Giustiniani, 13 Luglio 2017)

Con riferimento al “Dibattito internazionale sulla corruzione”, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale (Città del Vaticano, 15 Giugno 2017) e riferendomi alla presentazione, avvenuta qualche giorno fa, della Relazione annuale dell’ANAC da parte del suo Presidente, confermo la mia convinzione che un argine all’epidemia di corruzione – perché di epidemia sempre più invasiva purtroppo si tratta – può essere frutto solo di un’azione concordata e coordinata.

In concreto, va bene l’azione repressiva, vanno bene regole sempre meno permissive che valgano però per tutti; regole che devono essere accompagnate dalla volontà chiara di invertire la rotta segnata dai tanti, troppi furbi che hanno occupato o che forse continuano a occupare posizioni chiave. Illudersi però che tutto questo basti, non serve a nessuno. Bisogna convincersi che l’impegno per la riduzione del tasso di corruzione è un processo! E come tutti i processi esige l’impegno deciso, continuo e paziente di tutti. Vi prego di non prenderla come una pia esortazione, la mia. Quando parlo di impegno deciso, capiamo tutti cosa voglio dire. Quando però parlo di impegno che deve essere anche “continuo e paziente” affermo concretamente il contrario del vezzo inveterato di cambiare le regole (e le leggi) in corsa o al cambio di esecutivo. Cambi fatti non sempre per migliorarle. Sappiamo tutti che i cambi continui in ambito legislativo rappresentano il brodo di coltura del malaffare e quindi della corruzione.

Di impegno continuo e paziente e di volontà decisa a proseguire su questa strada ho sentito parlare qualche giorno fa, durante la relazione annuale del Presidente dell’ANAC. Ho apprezzato tanto, se posso permettermi di dirlo, i toni realistici del Dott. Cantone e della sua équipe.

Personalmente ritengo che se si vuole interrompere il proliferare di cleptocrati, accanto all’orizzonte legislativo e giudiziario, bisogna attivare percorsi formativi esigenti come quelli che ho visto descritti e scientificamente motivati nei due volumi curati dal Professor Esposito. C’è bisogno di percorsi formativi esigenti perché la corruzione, oltre a essere un comportamento, è anche una condizione. Non ci sarebbe corruzione se non vi fosse una condizione determinata e retta da intelligenze, volontà e cuori corrotti.

Per incidere su questa condizione (luoghi, spazi, istituzioni) non servono né grida manzoniane né pie esortazioni. Per raddrizzare la condizione corrotta delle nostre realtà (parti dello Stato, parti della Chiesa o di istituzioni in genere) c’è sempre più bisogno di interventi educativi, fatti di scelte e gesti concreti. Il tutto messo in atto da persone credibili. Non è credibile e quindi non educa chi fa fatica o non vuole abbandonare privilegi, dai più piccoli ai più vistosi e costosi. Non è credibile e quindi non educa chi cerca alleanze dalle quali ricavare benefici, esenzioni e privilegi. Non è credibile e non contribuisce a convertire i cuori corrotti chi continua ad approfittare della sua posizione per percorrere comode scorciatoie, per raccomandare a prescindere dalle regole e del merito.

C’è bisogno quindi di integrare e accompagnare l’azione di repressione della corruzione con un impegno fortemente culturale; ricordando l’altissimo tasso di pericolosità che interessa la corruzione dell’intelligenza, della volontà e del cuore.

La corruzione dell’intelligenza, della volontà e del cuore, a differenza della corruzione che passa attraverso le mazzette, abita luoghi e si serve di persone insospettabili. Corrompe l’intelligenza chi fa cattiva o tendenziosa informazione; chi cerca di indottrinare piuttosto che fornire strumenti critici per stare in maniera consapevole nell’areopago contemporaneo.

Corrompe la volontà chi cerca di convincere che si possono raggiungere obiettivi alti e significativi senza investire energie, tempo e relazioni belle; chi cerca di dare “per favore” ciò che spetta “per diritto”; chi cerca di convincere che non ci sono doveri oltre ai diritti.

Corrompe il cuore chi non aiuta a distinguere tra amore vero e possesso rozzo dell’altro o dell’altra, arrivando addirittura a pronunziare vere e proprie bestemmie, come: “ho ucciso per amore!”.

Corrompe intelligenza, volontà e cuore chi vuole convincere che il web sia una piazza virtuale nella quale non valgono le regole della verità e del rispetto.

Insieme, queste vere e proprie opere di corruzione avvelenano e distruggono l’idea che valga la pena di spendersi per il bene comune, anzi spingono a dubitare che ci sia un bene comune da promuovere e tutelare. E che questo sarà davvero “comune” solo quando avremo occhi sufficientemente aperti per riuscire a vedere le necessità di tutti, soprattutto dei più deboli e bisognosi, e mani disposte a sporcarsi. Sì, perché spendersi per ridurre il tasso di corruzione difficilmente procura consensi. Anzi!

Nunzio Galantino Segretario generale della CEI

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