I tanti fallimenti russi in Ucraina e la trappola delle apparenze

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Carro armato russo distrutto in Ucraina. Foto di Mvs.gov_.ua-CC-BY-4.0-https-commons.wikimedia.org

di Leonardo Servadio

L’aspetto più evidente dell’invasione in Ucraina è il fallimento dell’intelligence russo. È un fatto che appare tanto più cospicuo visto che Putin è cresciuto nelle file del KGB, ma è anche pericoloso nella misura in cui alimenta il desiderio dei più oltranzisti negli Stati Uniti che ambiscono a schiacciare la Russia: tanto più la vedono debole e zoppicante, tanto più saranno tentati a procedere sulla strada dell’attrito. La guerra sul campo in Ucraina, infatti, è anche uno strascico della Guerra Fredda ed è combattuta in condizioni in cui l’Europa, che avrebbe tutto l’interesse a trovare una soluzione pacifica nei tempi più rapidi possibili, rimane ancora assolutamente marginale, proprio com’è stata tra il 1945 e il 1989. Come pure relativamente marginale, almeno sinora, è stata la Cina, per quanto questa abbia un certo interesse ad acquisire a prezzi di saldo le ricchezze di una Russia impoverita dal conflitto, così come anche a imporsi sul piano internazionale come la potenza capace di dare un nuovo equilibrio a un mondo dilaniato dall’aggressività dei due contendenti storici. Stanti tali condizioni di contorno, è inevitabile considerare come l’evolversi della situazione militare in Ucraina sia interpretabile e utilizzabile anzitutto dal punto di vista statunitense.

Intelligence?

Il fallimento russo si è manifestato già nei primi giorni dell’invasione (v. https://www.frontiere.info/2022/05/08/con-lucraina-tra-usa-e-russia-siamo-2-0-che-ne-cavera-la-cina/ ), e quello era un fallimento delle attività “classiche” di intelligence che, se fossero state ben condotte avrebbero fatto capire che non era ragionevole attendersi uno sbandamento delle difese ucraine con l’invasione poiché, al di là degli interventi statunitensi nei fatti di piazza Maidan, la popolazione e quindi anche le forze militari del Paese invaso non erano affatto favorevoli ai Russi.

Il fallimento si è clamorosamente ripetuto alla fine del settembre 2022, quando le truppe ucraine sono state in grado di riprendere un’ampia porzione dei territori conquistati dai Russi, dopo aver fatto credere a questi che avrebbero attaccato a sud e non a nord-est. Questo è stato un fallimento anche di carattere tecnologico: osservazioni da satellite avrebbero dovuto consentire ai Russi di conoscere la verità della mobilitazione ucraina al di là di quel che poteva apparire dalle dichiarazioni o di quel che si poteva notare solo da osservazioni a terra.

In termini militari più ampi il fallimento si innesta sulla radicata farraginosità delle operazioni messe in campo dalla rigida catena di comando russo che, centralizzata e verticistica, non lascia spazio all’iniziativa dei comandanti sul luogo i quali pertanto si sentono deresponsabilizzati e non coinvolti: un vecchio problema che a suo tempo invano Gorbachev cercò di affrontare con le sue riforme.

Per non dire di quanto appare come un generale atteggiamento di noncuranza verso le vite dei sottoposti, come s’è visto clamorosamente quando la lunga colonna di carri armati russi che all’inizio della guerra s’è mossa per raggiungere Kiev, è rimasta per settimane ferma in campo aperto, prona agli attacchi degli Ucraini che allora, per fortuna dei soldati russi, ancora non si erano perfettamente organizzati.

Fallimenti tecnologico-industriali

L’aviazione militare russa è stata quasi assente dal conflitto. Eppure sulla carta avrebbe dovuto garantire, per numero e qualità dei velivoli, un assoluto predominio. Perché questo è non avvenuto? E non sarebbe dovuto avvenire lo stesso nella guerra sul terreno, dove per numero e qualità dei carri armati si supponeva che i Russi fossero superiori?

Gli aerei militari russi nelle fiere aeronautiche degli anni passati hanno messo in mostra eccellenti capacità manovriere. Un problema ovviamente è che, altro è esibirsi in una manifestazione, altro combattere vere battaglie, ma poi c’è che, altro è riuscire a mettere in campo qualche mezzo di grandi qualità, altro è produrne a centinaia o migliaia com’è necessario in caso di conflitto: al di là delle capacità di punta tecnologiche ci vuole la profondità dell’apparato industriale. È evidente che questa manca alla Russia, un poco come mancava all’Italia degli anni ‘30 del ‘900, che bensì disponeva di alcuni mezzi aerei di eccellenza, ma non aveva la forza industriale di produrne a livello di massa, a differenza della Germania o degli Stati Uniti.

In un recente articolo di Difesa Online (https://www.difesaonline.it/mondo-militare/analisi-sullandamento-della-guerra-ucraina-scenari-tattico-strategici-e-0 ) si parlava della capacità russa attuale di produrre migliaia di carri armati al mese: i dati citati indicano il contrario di quanto qui affermato, cioè mostrano che la Russia in realtà avrebbe una struttura industriale atta a reggere per anni un conflitto sfornando in continuazione nuovi mezzi di combattimento terrestri. Si vedrà nelle prossime settimane se questo sia vero o no: da quel che si sa dell’andamento della guerra sinora si direbbe che la situazione non stia esattamente in quei termini. E comunque bisogna aggiungere che aerei e carri armati non viaggiano da soli, e chi li guida dev’essere addestrato a farlo e, non solo, deve avere la volontà di combattere.

La volontà

Sempre nei suoi discorsi Putin ha insistito che l’Ucraina sia caduta in mano ai nazisti. Il riferimento è ovvio: vorrebbe mobilitare le popolazioni russe, così come si mobilitarono sotto Stalin per combattere la Grande Guerra Patriottica. Allora erano popolazioni tanto povere quanto desiderose di liberarsi di un invasore crudele. Oggi le popolazioni russe sono assai meno povere, ma le differenze di classe sono evidenti e sono ben conoscibili grazie ai mass-media. E il territorio russo non è oggetto di invasione (referendum di annessione a parte), ma avviene il contrario, la Russia invade un territorio esterno.

Di qui che vi siano resistenze interne alla guerra e alla coscrizione. Saranno meno cospicue di quel che la propaganda occidentale vuol far credere, ma ci sono e hanno un peso che non potrà che crescere col tempo.

La guerra nucleare

Quanto più la situazione sul campo mostra debolezza da parte russa, tanto più cresce la minaccia del ricorso alle armi nucleari. Se per tutto il tempo della Guerra Fredda l’uso di questi strumenti di distruzione di massa, almeno dopo la crisi di Cuba del ‘62, è stato considerato praticamente impossibile, oggi se ne parla tanto che si fa strada l’idea che il loro utilizzo sia effettivamente possibile. E l’apparizione nel luglio 2022 del sottomarino russo Belgorod, che sarebbe dotato di una straordinaria capacità di lancio di siluri termonucleari, non ha fatto che accentuare l’idea che, stretta nell’angolo, la Russia possa veramente valersi di questo genere di armi.

Al riguardo, considerando, ancora, il problema dal punto di vista statunitense, osserviamo due punti.

In primo luogo, nel caso di uso di armi nucleari tattiche in Ucraina, i loro effetti si farebbero sentire anche sui territori vicini, e tra questi ci sono anzitutto quelli russi e quelli dell’alleata Bielorussia. Come reagirebbero le popolazioni russe e bielorusse, già provate in vario modo dalla guerra? Come guarderebbero a Putin e al suo circolo di oligarchi che presumibilmente nel frattempo avrebbero preso tutte le misure per proteggere sé medesimi? Al di là dei miti che gli amanti della figura dell’uomo forte possano aver costruito attorno al leader russo, la pasta di cui è fatto Putin apparve già 22 anni fa, quando il sommergibile Kursk nell’agosto del 2000 affondò nel mare di Barents e i suoi occupanti furono intrappolati in una lunga agonia. Nei giorni in cui la notizia fu diffusa dai mass-media in tutto il mondo e non si sapeva esattamente che cosa stesse succedendo, Putin, che era già presidente russo, cospicuamente scomparve, né si pronunciò. Fu un comportamento che lasciò molti stupiti: sarebbe stato appropriato che subito si interessasse, si mostrasse vicino ai parenti dei marinai imbarcati e facesse vedere di essere al comando dei tentativi di salvataggio. Ricomparve invece solo in un secondo tempo, quando tutto era ormai chiaro. Chissà quale siano stati veramente i motivi di tale comportamento inappropriato, ma uno si chiede se non vi si possano leggere due aspetti: il primo è quello della carenza di interesse per la vita dei cittadini in armi (e oggi dunque, perché uno dovrebbe morire per un comandante che di lui se ne frega?); il secondo è che sulle prime Putin temesse che vi potesse essere qualche rivolgimento di rilevanza militare, interno o internazionale, per cui avesse preso misure di protezione personale (in altri termini, che si fosse nascosto). Non è quindi improbabile che nelle circostanze attuali, agli occhi statunitensi Putin appaia sempre più come un leader fragile, isolato e pertanto scalzabile: se usasse le armi nucleari, per quanto “tattiche”, non farebbe che accelerare la crescente opposizione nelle popolazioni e nelle élite russe.

In secondo luogo, c’è questo quesito: così come gli armamenti convenzionali russi non si sono rivelati efficienti alla prova del campo di battaglia, non sarà lo stesso anche per gli armamenti nucleari? Un servizio pubblicato sulla rivista Time del 22 settembre, “A Bang Or a Whimp”, mostra come i missili nucleari statunitensi basati a terra siano vecchi, costruiti negli anni ‘70 o ‘80, e abbiano bisogno di continue e costose revisioni perché vari componenti si ammalorano col tempo e divengono inutilizzabili. Sono tutte armi messe in linea quando i computer erano incomparabilmente meno potenti di quel che sono oggi e comunque molteplici elementi elettronici hanno bisogno di continue sostituzioni. Di qui che negli USA si prevede uno stanziamento di circa mille miliardi di dollari per sostituire tutti i missili della “triade”: quelli basati a terra, quelli lanciati da aerei e quelli lanciati da mezzi navali. Lo sforzo economico per mantenere una forza nucleare efficiente è veramente imponente, e implicitamente il servizio sul Time pone il quesito: la Russia ha la stessa capacità americana di mantenere la propria forza missilistica nucleare? L’economia russa dopo il tracollo degli anni ‘80 si è ripresa solo in questi ultimi anni – e con uno sbilanciamento tra ricchi e poveri forse maggiore di quello che si trova negli Stati Uniti. In queste condizioni, avrà avuto la capacità di investire per il mantenimento della propria flotta missilistica nucleare? Altro è avere un certo numero di missili, altro è poterli veramente usare. Altro è averne qualcuno che funziona, altro è averne tanti.

Ovviamente solo i militari russi specialisti in materia possono sapere qualcosa di certo al riguardo, e certamente non è necessario far esplodere centinaia di testate per provocare una crisi globale, ma su questo punto ritorna la domanda: chi avrebbe la volontà di usare davvero le armi nucleari? E siamo sicuri che tutti coloro che devono essere d’accordo per farlo lo siano davvero?

Villaggi Potemkin

Grigorij Potemkin era l’amante di Caterina la Grande e suo Primo ministro. Si racconta che quando questa andò in visita in Crimea nel 1787 (la penisola era stata annessa alla Russia pochi anni prima, nel 1783) le mostrò i villaggi che lì lui amministrava, nello splendore di facciate dagli sgargianti colori mentre dietro gli edifici erano decadenti. Ne sorse anche il racconto che fossero facciate di cartapesta, non edifici completi: falso come tutti i miti ma, come tutti i miti, contenente pure un briciolo di verità, perché restaurate per la visita della zarina pare che fossero state le facciate soltanto, non il resto.

Sempre in guerra si tende a esagerare, tanto i pregi propri come i difetti altrui, e tanto più a gonfiare spasmodicamente le minacce. Sarà difficile che gli Stati Uniti credano veramente alle minacce nucleari russe, chiunque le proferisca. Si tenga poi conto che se i Russi amano gli scacchi e in questo gioco eccellono, negli Stati Uniti molto diffuso è il poker: gli USA insisteranno per “vedere” che cosa c’è oltre alle minacce nuceleari russe. E se i Russi continueranno a mostrare aeroplani capaci di ballare per aria ma incapaci di combattere sul campo, la loro possibilità di convincere a parole, per grosse che siano, sarà sempre più scarsa.

La costruzione della pace

Dato il livello al quale è giunta la guerra oggi, la pace in Ucraina non sarà raggiungibile sinché la Russia non si deciderà di fare un passo indietro per intavolare negoziati credibili: la Russia nel suo complesso, perché è in gioco il suo futuro, non solo quello personale di Putin, che ormai s’è rivelato come un leader perdente non solo agli occhi degli Stati Uniti, ma anche agli occhi Cinesi. La questione è quanto tempo ci vorrà. Ovvero se la Russia sia disposta ad avvicinarsi a un nuovo “1989” prima che questo accada.

Poi certo, bisognerà pure convincere gli Ucraini a negoziare, ma presumibilmente se gli Stati Uniti e l’Europa si accordassero, ci si potrebbe arrivare. Sempre che anche i Cinesi siano d’accordo.

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