Alla fine di gennaio [2013 n.d.t. ] si è tenuta la sessione principale dell’Accademia di Scienze Militari. Ai lavori hanno partecipato rappresentanti del governo ed esponenti della direzione delle Forze Armate della Federazione Russa. Segnaliamo alla vostra attenzione i passi principali della relazione del Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate della Federazione Russa sul tema: “le principali tendenze di sviluppo delle forme e delle modalità di impiego delle Forze Armate; il ruolo della scienza militare nel loro perfezionamento”. 
Nel ventunesimo secolo abbiamo assistito ad una tendenza diretta alla sfumatura delle linee di demarcazione fra lo stato di guerra e di pace. Le guerre non si dichiarano più e, una volta iniziate, procedono secondo modelli che ci sono poco famigliari. L’esperienza di conflitti militari (inclusi quelli correlati alle cosiddette rivoluzioni colorate in Nord Africa e Medio Oriente) conferma che uno stato del tutto fiorente può, nel giro di mesi o addirittura di giorni, essere trasformato nella arena di una terribile conflitto armato, diventare vittima di un intervento straniero e precipitare in una spirale di caos, catastrofe umanitaria e guerra civile. Le lezioni delle “Primavere Arabe” Ovviamente la cosa più semplice di tutte sarebbe sostenere che gli eventi delle Primavere Arabe” non sono guerra e che quindi noi altri militari non abbiamo nulla da imparare. Ma potrebbe anche essere vero l’opposto, ovvero che quegli eventi siano tipici atti di guerra nel ventunesimo secolo. Se li misuriamo con il metro delle morti e delle distruzioni e delle catastrofiche conseguenze sociali, economiche e politiche, questo nuovo tipo di conflitti è senz’altro paragonabile ad ogni guerra nell’accezione classica del termine. Le stesse “regole della guerra” sono cambiate. Il ruolo dei mezzi non militari per conseguire fini politici e strategici è cresciuto e, in molti casi ha superato in efficacia la potenza della forza delle armi. La chiave del metodi pratici di conflitto è mutata in direzione di una vasto utilizzo di misure politiche, economiche, mediatiche, umanitarie, e di altre misure non militati, poste in atto in coordinazione con il potenziale malcontento popolare. Tutto questo è realizzato con mezzi militari di carattere dissimulato, inclusa la realizzazione di azioni guerra mediatica e azioni di forze speciali. L’uso manifesto della forza (per la maggior parte sotto le mentite spoglie del peacekeeping e del tentativo di soluzione del conflitto, è riservato solo ad una certa fase, principalmente per il conseguimento del successo finale nella guerra. Questi fatti ci pongono delle domande: cos’è la guerra moderna? A cosa si dovrebbe preparare l’esercito? Come dovrebbe essere armato? Solo dopo avere risposto a queste domande possiamo determinare le direzioni di costruzione e sviluppo delle forze armate a lungo termine. Per fare questo, è essenziale avere una comprensione corretta delle forme e dei metodi d’uso dell’esercizio della forza. Oggigiorno, assieme a metodi tradizionali, ne vengono sviluppati altri, non ortodossi. Il ruolo di gruppi mobili interforze, che agiscono come un unico contesto di raccolta informazioni è uscito rafforzato dall’utilizzo di nuove possibilità di comando e controllo. Le azioni militari diventano più dinamiche, attive e proficue. Le pause tattiche e operative di cui il nemico può trarre profitto stanno scomparendo. Nuove tecnologie informative hanno prodotto significative riduzioni dei divari spaziali, temporali ed informativi fra forze ed organi di controllo. Gli ingaggi frontali di grandi formazioni combattenti a livello strategico ed operativo stanno gradualmente diventando dei ricordi del passato. Le azioni a grandi distanza, senza contatto con il nemico stanno diventando i mezzi principali per il conseguimento di finalità belliche e operative. La neutralizzazione dei presidi del nemico è condotta sull’intera estensione del suo territorio. Le differenze fra livelli strategico, operativo e tattico, così come fra operazioni offensive e difensive, viene progressivamente erosa. L’applicazione di armi ad alta precisione sta assumendo un carattere estensivo. Le armi basate su nuovi principi fisici ed automatizzate vengono integrate incessantemente nella attività militare. Le azioni asimmetriche sono diventate uno strumento di uso comune, permettendo di neutralizzare i vantaggi nemici in un conflitto armato. Nel novero di queste azioni deve contarsi l’uso di forze per operazioni speciali e di opposizioni interne per creare un fronte operativo permanente nell’intera estensione del territorio del paese nemico, così come azioni mediatiche: strumenti e mezzi che stono tutti in corso di costante perfezionamento. Questi cambiamenti in via di attuazione si riflettono negli arresti dottrinali dei principali paesi del mondo e vengono correntemente posti in atto nei confronti militari. Già nel 1991, durante l’Operazione Desert Storm in Iraq, l’esercito degli Stati Uniti ha realizzato il concetto di “manovra globale, potere globale” e “operazioni aria-superficie”. Nel 2003, durante l’operazione Iraqi Freedom, le operazioni militari sono state condotte in osservanza del cosiddetto programma “single perspective 2020”. Oggi i concetti di “colpo globale” e di “difesa missilistica globale” sono stati affinati, prevedendo la sconfitta di oggetti e forze nemiche nel giro di ore da quasi ogni punto del pianeta, mentre, nello stesso tempo, ci si assicura di poter prevenire un danno inaccettabile portato dalla colpo di risposta nemico. Gli Stati Uniti stanno anche ponendo in atto la dottrina della integrazione globale delle operazioni finalizzate alla creazione di gruppi interforze, in un periodo di tempo molto breve. Nei conflitti più recenti hanno fatto la loro comparsa nuovi sistemi di condurre operazioni militari, sistemi che non possono essere considerati strettamente militari. Un esempio di questo tipo di operazioni è la Libia, dove è stata creata una zona di non sorvolo, è stato imposto un blocco navale, sono stati inviati mercenari privati, utilizzati in stretta iterazione con le forze armate dell’opposizione.
Dobbiamo prendere atto che, mentre ci rendiamo conto dell’essenza delle azioni militari tradizionali condotte da forze armate regolari, abbiamo solo una comprensione superficiale delle forme e dei mezzi asimmetrici. In questo ambito l’importanza della scienza militare (che deve creare una teoria riassuntiva di queste azioni) è in crescita. Il lavoro e la ricerca dell’Accademia di Scienza Militare ci può aiutare nella ricerca. I compiti della Scienza Militare In una discussione a proposito delle forme e dei mezzi di un conflitto militare, non dobbiamo dimenticare la nostra esperienza. Intendo riferirmi all’uso di unità partigiane durante la Grande Guerra Patria e alla lotta contro formazioni irregolari in Afganistan e nel Caucaso settentrionale. Sottolineerei che durante la Guerra in Afganistan furono affinati specifici modi e mezzi di conduzione delle operazioni militari. Alla base di questi velocità, movimenti pronti, un uso intelligente di paracadutisti a livello tattico e manovre aggiranti, tutte cose che permettevano  di infliggere significative perdite al nemico, e di interrompere i suoi piani. Un altro fattore che influenza l’essenza degli approcci moderni ai conflitti armati è l’utilizzo di moderni complessi automatizzati di equipaggiamento militare e le ricerche nell’area delle intelligenze artificiali. Mentre oggi abbiamo droni volanti, i campi di battagli di domani saranno pieni di robot che cammineranno, strisceranno, salteranno e voleranno. Nel prossimo futuro è possibile che vengano create unità completamente robotizzate, capaci di condurre autonomamente operazioni militari. Come combatteremo in simili contesti? Quale forme e mezzi di contrasto dovrebbero essere usati contro un nemico robotizzato. Di che tipi robot abbiamo bisogno e come dovrebbero svilupparsi? Già oggi le nostre intelligenze militari devono interrogarsi su questi aspetti. La principale gamma di problemi, che richiedono intensa attenzione è connessa con il perfezionamento di forme e mezzi che impieghino gruppi di forze. E’ indispensabile ripensare il contenuto delle attività strategiche delle Forze Armate della Federazione Russa. Già oggi i problemi sono davanti a noi: è necessario un numero così elevato di operazioni strategiche? Che tipo di forze, e in che entità, ci serviranno nel futuro? Per il momento non abbiamo risposte. Ci sono anche altri problemi, che stiamo incontrando nelle nostre attività quotidiane. Attualmente siamo nella fase finale della creazione di un sistema di difesa aerospaziale (VKO). A causa di questa circostanza, il problema dello sviluppo di forme e mezzi che impieghino forze aerospaziali è divenuto attuale. Lo stato maggiore ci sta già lavorando. Propongo che l’Accademia delle Scienze Militari prenda parte attiva al progetto. Lo spazio mediatico apre ampie possibilità asimmetriche per ridurre il potenziale bellico del nemico. In nord Africa, abbiamo assistito all’uso di tecnologie per influenzare la struttura degli stati e le popolazioni con l’utilizzo dei media. E’ necessario perfezionare le attività nello spazio mediatico, includendovi la difesa delle nostre strutture. L’operazione per costringere la Georgia alla pace ha evidenziato l’assenza di approcci unificati all’uso di formazioni delle Forze Armate fuori dalla Federazione Russa. L’attacco del settembre 2012 sul consolato degli Stati Uniti nella città libica di Bengasi, il diffondersi della pirateria, il sequestro di ostaggi in Algeria: sono tutti eventi che confermano l’importanza di creare un sistema di difesa armata dello stato fuori dai confini del suo territorio. Sebbene gli emendamenti alla legge federale “sulla difesa” adottata nel 2009 permettano l’utilizzo operativo delle Forze Armate della Russia fuori dai confini, le forme ed i mezzi di questo tipo di missioni non sono definiti. In aggiunta a ciò, le questioni relative all’agevolazione del loro impiego operativo non sono state definite a livello interministeriale. Mi riferisco alla semplificazione delle procedure che consentono il varco dei confini statali, l’uso dello spazio aereo e l’utilizzo dello spazio aereo e delle acque territoriali degli stati esteri, le procedure di coordinamento con le autorità dello stato oggetto della missione e così via. E’ necessario fare convergere il lavoro delle unità di ricerca verso i ministeri e le agenzie competenti a provvedere su queste materie. Una delle forme di utilizzo della forza militare fuori dal territorio del paese è la missione di pace. In aggiunta rispetto ai compiti tradizionali, le attività di queste missioni potrebbero includerne di più specifici, come quelli umanitari, di salvataggio, di evacuazione, di decontaminazione, ed altri. Al momento la loro classificazione, essenza e contenuto non sono ancora stati definiti. Inoltre, il complesso e molteplice compito della missione di pace, che, auspicabilmente, le truppe regolari dovranno svolgere, presuppone la creazione di un sistema di preparazione radicalmente nuovo. Dopo tutto, il fine di una forza di pace è di separare parti in conflitto, proteggere e trarre in salvo la popolazione civile, cooperare nel ridurre la violenza potenziale e nel ristabilire una vita pacifica. Tutto questo richiede una preparazione accademica. Controllo del territorio Nei conflitti moderni diventa sempre più importante essere in grado di difendere la popolazione, le strutture difensive e le comunicazioni dall’attività di forze che conducono operazioni speciali, in considerazione del loro utilizzo crescente. La soluzione di questo problema prevede l’organizzazione e il dispiegamento di una difesa territoriale. Prima del 2008, quando l’esercito in tempo di guerra contava più di 4 milioni e mezzo di uomini, questi compiti erano svolti esclusivamente dalle forze armate. Ma la situazione è cambiata. Ora per fronteggiare forze di ricognizione e sabotaggio e forze terroristiche serve il coinvolgimento complessivo di tutte le forze di sicurezza e di polizia del paese. Lo Stato Maggiore ha iniziato questo lavoro. E’ basato sulla definizione di approcci all’organizzazione della difesa territoriale, approcci riflessi negli emendamenti alla legge federale “sulla difesa”. In conseguenza dell’adozione di quella legge, è necessario definire il sistema di gestione della difesa territoriale nonché delimitare, in base alla legge, il ruolo ed il dislocamento nella stessa difesa di altre forze, formazioni militari e organi di altre strutture statali. Abbiamo bisogno di protocolli ben meditati sull’uso di forze provenienti da diverse agenzie, e di mezzi per il compimento del sistema di difesa territoriale, mezzi per combattere i terroristi e le forze di sabotaggio nemiche secondo standard moderni. L’esperienza della conduzione di operazioni militari in Afghanistan ed Iraq ha mostrato la necessità di sviluppare (assieme ai centri di ricerca degli altri ministeri ed agenzie della Federazione Russa) il ruolo e i limiti della partecipazione delle forze armate nelle regolazioni post conflitto, identificare le priorità ed i compiti, i metodi per la messa in allerta delle forze, e stabilire le condizioni di utilizzo delle forze armate. […] Le idee non nascono perché qualcuno lo ordina. Lo stato della scienza militare russa di oggi non può essere paragonato con la fioritura di pensiero militare teorico che il nostro paese ha conosciuto alla vigilia della seconda guerra mondiale. Naturalmente ci sono ragione oggettive e soggettive per questa situazione e non è possibile addossare la responsabilità a qualcuno in particolare. Non sono quello che disse che non è possibile produrre idee perché qualcuno ha ordinato di farlo. Io sono d’accordo con questa affermazione, ma devo riconoscere anche questo: a quel tempo non c’erano persone con lauree specialistiche e non c’erano accademie e dipartimenti. C’erano personalità eccezionali con idee brillanti. Li chiamerei “fanatici” nella migliore accezione di questo termine. Può essere che oggi non abbiamo abbastanza persone di quel tipo. Per esempio persone come Georgy Isserson che, nonostante si fosse formato negli anni precedenti la guerra, pubblicò il libro: “Nuove Forme di Combattimento”. In questo testo, il teorico militare Sovietico predisse: “Le guerra, in generale, non vengono dichiarate. Iniziano semplicemente con le forze già schierate. La mobilitazione e la concentrazione non sono parte del periodo che segue la dichiarazione dello stato di guerra, come è successo nel 1914 e, sebbene la cosa sia passata inosservata, anche per un lungo tempo precedente.”. Il destino di tale “profeta in patria” si è concluso tragicamente. Il nostro paese ha pagato con fiumi di sangue il non aver prestato ascolto alle riflessioni di questo professore dell’Accademia dello Stato Maggiore. Cosa possiamo concludere da tutto questo? Una disposizione sprezzante verso le nuove idee, gli approcci non convenzionali, i punti di vista alternativi è inaccettabile nella scienza militare. E questo disposizione è anche più inaccettabile per i professionisti. In conclusione, vorrei dire che non importa che forze abbia il nemico, non importa quanto siano ben disposte le sue forze e mezzi, le forze ed i mezzi per averne ragione possono essere trovate. Il nemico avrà sempre punti deboli e questo significa che esistono metodi adeguati per opporvisi. Non dobbiamo copiare le esperienze straniere e arrancare dietro i paesi in testa alla competizione, ma dobbiamo superarli e occupare a nostra volta posizioni di vantaggio. In questo la scienza militare ha un ruolo cruciale. Il famoso studioso militare sovietico Aleksandr Svechin ha scritto. Per ciascuna guerra è necessario elaborare una linea peculiare di elaborazione strategica. Ogni guerra è un caso unico, che richiede la costruzione di una logica particolare e non di qualche schema predefinito”. Questo approccio continua ad essere corretto. Ciascuna guerra si presenta come un caso unico e ci chiede la comprensione della sua particolare logica, della sua unicità. Questo è il motivo per cui il carattere di una guerra in cui la Russia e i suoi alleati potrebbero trovarsi è molto arduo da predire. In ogni caso dobbiamo farlo. Ogni asserzione accademica nella scienza militare è inutile se la teoria militare non è sostenuta dalla funzione della predizione strategica. […] Il Generale Valerj Gerasimov, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Russe Articolo pubblicato su Voenno Promyshlenny Kurer  il 27 febbraio 2013  Traduzione in italiano a cura di Marco Bordoni per Sakeritalia.it