FRONTIERE

Le misure di sostegno all’economia non funzioneranno: siamo in Italia…

di Enrico Ferrara *

Due delle caratteristiche che ci rendono speciali, forse unici, nel mondo sono il ginepraio normativo e l’arzigogolo. Queste doti non appartengono solo all’alta dirigenza e burocrazia, politica e civile, pubblica e privata. Tanto radicate nell’italiano e nella sua cultura, hanno finito per contagiare un intero Paese. Così, quel genio di cui spesso andiamo fieri – di cui il ginepraio normativo e l’arzigogolo sono il frutto avvelenato – si ritorce contro noi stessi con maggiore virulenza proprio nei momenti di emergenza.

Prima ci curammo e poi ci indebitammo

Nessuno ancora è in grado di prevedere che cosa ne sarà del Paese, quando l’emergenza sanitaria sarà finalmente alle nostre spalle. Di certo, ricorderemo questi mesi come il momento storico più difficile della storia contemporanea della Repubblica. Quello in cui, per non fallire, prima ci siamo indebitati. Per fallire meglio dopo.

Quando l’emergenza sanitaria sarà finalmente alle nostre spalle, leggeremo la storia delle misure, varate dal Governo per sostenere l’economia, come abbiamo sempre letto e riletto questo tipo di episodi. Una storia di soldi, una montagna di soldi, gettati da un punto troppo alto e caduti a pioggia su tanti, senza arrivare ai molti che ne avevano bisogno davvero. La storia di un idrante usato per irrigare un giardino. La storia di un debito. L’ennesimo.

Capitolo 1 – Il Decreto Cura Italia

In principio ci curammo e il Presidente Conte, in diretta nazionale su Facebook, ci disse che era cosa buona e giusta. Il 17 marzo, dopo l’approvazione di ben 4 Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, arrivò la cura di tutti i mali. Il primo decretone: il Cura Italia.

Dopo quasi 30 giorni dal riconoscimento ufficiale dell’epidemia e 45 dalla dichiarazione dello stato di emergenza, vengono annunciate le prime forme di sostegno all’economia.

Lo ricorderemo, questo primo decretone, per quello che non c’era: mentre nessuna forma di sostegno alle imprese, il vero motore del Paese, era ancora stata pensata, ai lavoratori autonomi era stata concessa un’indennità di 600 euro. Si badi, a tutti i lavoratori autonomi, purché fossero in regola con i versamenti dei contributi previdenziali Inps.

E i professionisti iscritti ai rispettivi Ordini? Per loro era ancora più semplice: bastava rivolgersi alle rispettive casse di previdenza. E prima di sapere che tutti gli Ordini professionali si sarebbero mossi in ordine assolutamente sparso – ci mancherebbe, d’altronde – ad un inviato di un giornalone governativo da Palazzo Chigi veniva risposto così: “Se i soldi ci sono, le Casse li erogheranno. E se non ci sono, dice? Ma sì, ci sono”.

Alla Ragioneria Generale dello Stato e a Palazzo Chigi non lavorano sempre così. Non fanno stime e previsioni, senza dati. A volte, fanno anche il contrario.

In compenso, lo ricorderemo, questo primo decretone, per la concessione della sospensione del mutuo sulla prima casa. Una misura importante, certo. Pensata male ed attuata peggio.

Capitolo 2 – Il Decreto Liquidità

Con il secondo decretone dell’8 aprile, il Governo ha perfezionato le misure introdotte dal Decreto Cura Italia e ha previsto forme di sostegno alle imprese.

21 giorni dopo il Decreto Cura Italia.

46 giorni dal riconoscimento dell’epidemia in Italia.

67 giorni dalla dichiarazione dello stato di emergenza.

La sospensione del mutuo prima casa – Con il Decreto Liquidità l’accesso al fondo pubblico di Consap per ottenere la sospensione del mutuo è stato ampliato, in modo da permettere l’accesso anche a professionisti, lavoratori autonomi, artigiani e imprenditori individuali. Una dimenticanza trascurabile.

Peccato, che nel momento più buio e complicato della storia repubblicana, una costante è sempre stata lì, a dare certezze nell’ignoto: la burocrazia.

E sì, perché il modulo per richiedere la sospensione del mutuo, pubblicato dal MEF all’indomani del Decreto Cura Italia, dopo il Decreto Liquidità non è più valido. Adesso, bisogna ricompilarlo con il modello corretto. Il Mutuatario esce di casa, torna di nuovo in banca in piena epidemia e ricompila il modulo.

21 giorni dopo il Decreto Cura Italia.

I soldi (virtuali) alle imprese – Per garantire liquidità alle imprese (diverse dalle banche e dagli altri soggetti autorizzati ad erogare il credito), fino al 31 dicembre 2020, lo Stato, tramite SACE S.p.A. rilascerà garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali ed internazionali e di altri soggetti autorizzati ad erogare il credito. Saranno garantiti alle imprese e alle partite Iva, ammesse al beneficio, finanziamenti sotto qualsiasi forma.

Il meccanismo è semplicissimo nella sua complessità: a differenza dei proclami, il Governo non ha immesso direttamente nel circuito economico 400 miliardi di euro. Non li dà neanche alle banche. Garantisce, se il nuovo debitore non paga i nuovi prestiti chiesti alle banche.

Soldi a tutti e per tutto, aveva fatto capire il Presidente Conte. Le banche sospenderanno le valutazioni sulle capacità del debitore di ripagare il prestito e finanzieranno chiunque. Lo aveva detto davanti alle telecamere. Davanti al Paese.

Però, nel decreto si legge tutt’altro: le garanzie dovranno essere conformi ai requisiti della normativa di vigilanza prudenziale sulla mitigazione dei rischi. Tradotto: se sei un’impresa o un debitore decotto, puoi morire.

Con il Decreto Liquidità, il Governo garantisce al 100% finanziamenti fino a 25.000 euro per tutti.

Ma un professionista o un lavoratore autonomo perché dovrebbero indebitarsi da casa con le banche? Non possono spenderli per investire nella propria attività, perché devono stare a casa. Li possono spendere per fare la spesa, però: per autoconsumo. Il trucco c’è e si vede. Il Governo aiuta le piccole forze economiche ad indebitarsi. Ma, alla fine, quando le attività saranno fallite e le professioni distrutte, quello che resterà sarà solo un altro debito da ripagare.

Capitolo 3 – Il triangolo del settore bancario: le banche, ABI e la Banca d’Italia

Le prime ad avere perso la bussola nel ginepraio normativo creato dal Governo sono proprio le Banche.

Come erogare i finanziamenti? A chi? Sospendere o non sospendere le valutazioni sul merito creditizio? Concedere a tutti la sospensione mutui e finanziamenti, anche per quelli diversi dalla prima casa? Come ricevere l’anticipazione della Cassa integrazione per i lavoratori in difficoltà? Soprattutto quando fare tutto questo?

ABI cura di noi – Ad aggravare la confusione che gli operatori del settore vivono quotidianamente sono sopraggiunti anche gli interventi contradditori dell’associazione di categoria (ABI) e della Banca d’Italia.

L’ABI, all’indomani di ogni provvedimento normativo, ha sempre dichiarato che le banche aderenti all’associazione erano pronte per gestire la situazione di emergenza e attuare rapidamente le misure varate dal Governo. Eppure, nei fatti, non è così. Gli operatori delle filiali, che da mesi lavorano a personale ridotto o in operatività da remoto, quando rispondono non sanno come accettare le richieste dei clienti oppure invitano ad aspettare i chiarimenti del proprio istituto o del Governo.

E infine giunse la Vigilanza – Con una serie di Comunicazioni rivolte agli intermediari bancari e finanziari, la Banca d’Italia ha invitato tutti gli operatori di settore:

Ordini e contrordini, compagni bancari. Dovete potenziare i servizi di assistenza da remoto, ma mantenere aperte le Filiali. Dovete lavorare per garantire l’attuazione delle misure di sostengo: siamo in emergenza. Eppure, il business non si ferma e continuano martellanti campagne di vendita commerciale. Dovete informare con accuratezza i clienti sulle misure economiche del Governo, ma prima dovete capirle. Prima ancora, dovete farvele spiegare dai vostri uffici centrali.

Il tutto, possibilmente, dice la Banca d’Italia, prima di ieri.

E Voi, Voi, lavoratori e imprenditori, non andate nelle Filiali, perché c’è il morbo e le operazioni si possono fare online. Tutte, tranne che accedere alle nuove misure. Fate tutto da remoto, se vi rispondono dalle Filiali. Se non lo fanno o non vi sanno dare una risposta chiara, voi andate. Andate pure. Confrontatevi insieme. Interrogatevi. A un metro di distanza

*Avvocato, Foro di Milano, Esperto di Fisco e Finanza.

Exit mobile version