Un documento di straordinario equilibrio proposto dal Governo italiano. Nel momento delle minacce di disunione e degli affannosi tentativi di mettere una pezza ai problemi, rimandando proposte programmatiche come se si potesse vivere sempre cabotando sull’onda del problema ultimo del momento, nella supposizione che qualsiasi esso sia, prima o poi passerà, è notevole che il Governo italiano, con la carta intestata del Ministero per l’economia, si rivolga all’Europa con parole ispirate a una visione lungimirante.
Il documento è intitolato “A Shared European Policy Strategy for Growth, Jobs, and Stability” e lo pubblichiamo di seguito perché ha senso leggerlo nella sua interezza. Usuale è che i mass-media critichino i governi, ma quando vengono compiuti passi sensati è rilevante evidenziarlo.
Il documento nella prima parte nota i rischi insiti nell’attuale situazione: disaffezione al progetto europeo, tendenze centrifughe, risorgenti egoismi nazionali e di parte. Fatti che si constatano ovunque e che la crisi economica e strategica sta inevitabilmente esacerbando.
All’analisi della situazione segue un punto sostanziale: la petizione di un programma di lungo termine.
Questo è quanto è mancato sempre all’approccio economicistico che ha caratterizzato la politica europea sin dalla costituzione della moneta unica. Operare sul breve termine è caratteristico dell’egoismo dei mercati e della conseguente cecità che li caratterizza.
La prospettiva di lungo termine può essere scelta e seguita solo dalla risolutezza dei governi, che son chiamati non a operare per interessi di bottega. Tuttavia finora anche i governi – tutti nessuno escluso – si sono mossi secondo quella logica.
Tra l’altro si dice: “Very large current account surpluses have a negative impact on the overall functioning of the Eurozone just as current account deficits”. Per quanto il riferimento sia alla tendenza al risparmio, ovvero al non investire ma tesaurizzare, si può supporre che il riferimento sia anche al surplus accumulato da quei Paesi che, Germania in testa, esportano molto. Come fargliene una colpa? Mica impongono a qualcuno di importare i loro prodotti. Ma si può pure supporre che si possano immaginare politiche volte a equilibrare la bilancia commerciale tra i Paesi europei con opportune misure fiscali, volte non a rallentare i flussi in uscita, ma a favorire gli investimenti per migliorare l’efficienza produttiva ove questa è carente.
Ergo si propone che “The new European Fiscal Board should take a pan-European view in its analyses and formulate fiscal policy recommendations for the euro area as a whole. This is key to develop an aggregate policy stance and an EU-wide growth strategy which goes beyond the mere sum of national performance”.
Più oltre il documento si spinge a proporre politiche di finanziamento espansivo volte a promuovere “European common goods such as Trans-European networks or the Energy Union”. Insomma investimenti di lungo termine di carattere infrastrutturale. Il concetto non è diverso da quello della politica di F.D. Roosevelt col New Deal.
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