Biennale di Venezia: Ambasz profeta del rapporto natura-architettura

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Emilio Ambasz, considerato il padre della Green Architecture, è in mostra nella seconda tesa del Padiglione Italia alla XVII Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia curato da Alessandro Melis.

Il Padiglione Italia sviluppa il tema del cambiamento climatico e delle sfide connesse, in cui il contributo dell’architettura è considerato imprescindibile. Propone idee, suggestioni, provocazioni e indagini frutto di anni di ricerca interdisciplinare, trascorsi ad ascoltare e cercare di comprendere – ai margini di un’architettura mainstream ricca di errori – i “rumori di fondo e battiti di farfalla”, come afferma Alessandro Melis. Che ha invitato alla mostra, dedicandogli uno spazio importante, il poliedrico inventore Emilio Ambasz, autore di progetti in tutto il pianeta divenuti punti di riferimento e ispirazione per la moderna green architecture.

Emilio Ambasz afferma: “Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un’architettura che si erge come l’incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l’uno dall’altro”.

Attraverso la multimedialità, il Padiglione rende omaggio al maestro argentino proponendo filmati, cartelli, pannelli e, ancora, i plastici di due realizzazioni-icona della vastissima produzione di Ambasz, due opere che, a distanza di decenni, sono e saranno al centro del dibattito della poetica e della disciplina progettuale: la Casa de Retiro Espiritual – stupefacente e onirico richiamo alla nozione primordiale di casa – e il Centro Acros di Fukuoka, uno degli edifici verdi più innovativi, spettacolari e conosciuti a livello internazionale le cui celebrazioni del 25° anno hanno fatto il giro del mondo a fine 2020.

E. Ambasz, Centro Acros a Fukuoka, Giappone

La presenza di Emilio Ambasz nel padiglione – spiega Melis – è indispensabile per almeno tre motivi: la sua ricerca pionieristica, l’attenzione all’architettura radicale e la portata internazionale delle sue visioni”. Sono le sperimentazioni di Ambasz, secondo il curatore del Padiglione, ad aver ispirato un’architettura verde oggi osannata ma mai abbastanza grata al maestro. E, sempre secondo Melis, le sue “sono sperimentazioni non meno rifinite di quelle attuali: sono già opere complete e conclusive, hanno già elementi di contemporaneità. Non è un valore pionieristico, ma un valore assoluto”.

Di valore assoluto anche l’eredità derivante da due esperienze di Ambasz – la celeberrima mostra Italy: The New Domestic Landscape (che portò alla ribalta mondiale il design italiano) e l’aver acceso i fari verso i movimenti radicali e le nuove utopie per mettere in discussione i paradigmi correnti – costituiscono elementi importanti per questa celebrazione. Così come il suo essere figura paradigmatica, ispiratore e ponte fondamentale per gli architetti di tutto il mondo.

Portatore di un messaggio che concilia “tecnologia e naturalismo” (Terence Riley, già direttore del dipartimento Architettura e Design – MoMA, NY), “creatore di sofisticati paradisi terrestri” (A. Mendini), Emilio Ambasz “ci ha insegnato a vedere una dimensione in cui la natura e l’architettura sono inseparabili, un reame che va dalla natura creata da Dio a quella forgiata dall’uomo” (Tadao Ando).

In questa cornice, il Padiglione dà ulteriore visibilità all’annuncio, da parte del MoMA di New York, dell’istituzione dell’Istituto di Ricerca Emilio Ambasz (EA/RI) per lo studio congiunto di una nuova architettura che riconcilierà la Natura con l’ambiente artificiale. Avrà sede nel Dipartimento di Architettura e Design del MoMA, e svilupperà e arricchirà ulteriormente il dibattito globale sulla urgente necessità di una ricalibrazione ecologica.

Ambasz continua la sua ricerca poetica in cui naturale e artificiale si fondono e confondono: “è un obbligo etico: dimostrare che è possibile un altro futuro. Affermare un diverso modello di vita per non perpetuare il presente […] La nozione occidentale delle creazioni dell’uomo come entità distinte e separate – in contrasto con la Natura – ha esaurito il suo capitale intellettuale ed etico”.

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