Giugno 2024: elezioni europee, modifica dei trattati, transizione energetica. Che accadrà?

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Mappa dei luoghi ove sono attivi movimenti autonomisti in Europa. Sarà questo il futuro del continente? Foto Il Qathar, fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Active_separatist_movements_in_Europe.svg -- creative commons

di Aldo Ferrara

Come reagirà il Vecchio Continente al futuro dissolvimento di quella morsa di mercato che, nelle vesti subdole di gas& petrolio, dopo avere creato l’illusione della velocità in auto o la creazione di un paradiso domestico quando fuori c’è la tormenta, si avvia a uscire di scena? Il problema è che, usciti di scena i fossili (forse), il mercato a trazione asiatica inventerà nuove forme di dipendenza. Il modello putiniano piace molto a Xi Jin Ping e lo riprodurrà a sua immagine. Una via forse c’è ed è un modello che abbiamo lanciato in questo giornale sul finire del 2017. Un modello che pur derivato dalla tradizione europeistica spinelliana classica, produce uno sconvolgente tourbillon che a primo acchito sconvolge la politica europeistica a impianto nazionale ma in seconda lettura propone ben altre perplessità operative.

Se negli anni passati il leit-motiv era “ Dell’Europa si salva l’OCA, Optimal Currency Area, ma il progetto politico unitario non sta in piedi” oggi possiamo affermare che la malattia europea sia quella dell’eccessiva ingessatura e che occorra un modello politico federativo diverso.

L’economia sinergica alveolare interdipendente

Creare dunque il mercato e non esserne soggetti passivi. Una realtà economica nella quale due o più Regioni utilizzino le proprie risorse in modo sinergico, creando un mercato ed evitando di confliggere perché il target produttivo è integrabile o comune. In pratica la fase produttiva potrebbe avvantaggiarsi di una concentrazione di risorse similari, utilizzare una strategia sinergica e ridurre il costo marginale del prodotto. Nella fase di distribuzione del prodotto, aziende regionali a target simile potrebbero avere il medesimo mercato con il vantaggio della esclusività non monopolistica ma neanche competitiva.

Potenziamento dunque nella fase produttiva, sinergia nella fase di distribuzione nel mercato, sostanzialmente un’economia di scala affatto positiva.

Essa può considerarsi la forma più evoluta della nuova economia circolare che ha sostituito da tempo, almeno nelle teorie, quella lineare. Il futuro sostenibile 4.0 significa capacità di produzione locale a km Ǿ, utilizzo della merce materiale e immateriale, quindi riuso, riciclo completo, in modo da evitare sprechi e iperconsumismo. Si supera così la fase di protezione ambientale da iperproduzione di anidride carbonica, evitando la catalogazione in Paese User, quello che produce CO2 per attività industriali di sostentamento e Paese Consumer che produce CO2 soltanto in funzione dello stile di vita basato sull’utilizzo eccessivo di fossile per energia elettrica, trasporti e usi voluttuari (Oil Lifestyle).1 E si riduce notevolmente l’esternalità negativa che incide sui costi marginali di produzione.

Tab.1 I fattori produttivi nella Bilancia commerciale statale e regionale secondo Keynes e Heckscher-Ohlin-Samuelson, rispettivamente.

La Tab.1 indica chiaramente la similitudine del processo macroeconomico di ispirazione keynesiana con quello interdipendente regionale in cui il modello applicativo è quello della Globalizzazione a partire dal local ( G-local). Esso consente l’ingresso nei mercati in modo agonista da parte delle Regioni ad affinità produttiva o nelle quali le strutture economiche possono essere rese amalgamabili. È possibile applicare il principio di Ricardo «le forze di mercato spingono tutti i fattori di produzione verso il loro migliore utilizzo in economia». È possibile la riqualificazione del commercio in base al principio (di Heckscher–Ohlin) della proporzione dei fattori, modello matematico di equilibrio economico generale applicato alle Regioni. Si otterrebbe così un processo virtuoso con un effetto moltiplicatore assai simile a quello indicato da Keynes per effetto dell’investimento pubblico

Per capire meglio la sinergia interregionale, si può evocare un processo industriale ben noto e praticato, quello delle fusioni di processi produttivi omologhi. Stellantis è la conglomerazione di industrie automobilistiche europee, facenti capo a Fiat e consociate ( Maserati, Lancia, Alfa Romeo, Abarth, già facenti parte della galassia torinese dagli anni della seconda metà del secolo scorso, Chrysler, Jeep, Dodge, Opel, Vauxhall di più recente acquisizione, nella gestione di Sergio Marchionne) che hanno unito i loro destini con il gruppo PSA francese ( Peugeot, Citroen, DS), Fig. 1, al fine di ottimizzare la produzione mediante la riduzione del costo marginale con relativo aumento del ricavo, unire le piattaforme produttive e creare un’economia di scala idonea a portare le Aziende facenti parti ad un risultato finanziario e di mercato non di sommatoria ma di potenziamento, dettato da un indice di moltiplicazione indicato nella Tab1.

Fig. 1. La Galassia Automobilistica Stellantis con le sue componenti industriali di iniziale fusione per un’economia di scala efficace al fine di aumentare i ricavi riducendo i costi marginali per proiettarsi sul mercato automobilistico in modo sinergico e non concorrenziale.

Lo step dell’Economia circolare appare necessario per passare alla fase successiva: quella dell’Economia Interdipendente. Ogni Regione, Land o MacroRegione deve assumere un rapporto di interscambio commerciale a km ø con Regioni viciniori in modo da ridurre lo spreco del trasferimento a distanza. I rapporti commerciali devono basarsi su scambi privilegiati non solo per l’opportunità delle vicinanze geografiche ma per affinità di produzione, agricola, manifatturiera, meccanica, industriale, etc. Ciò attiverà un circuito virtuoso che poi potrà essere riflesso su altre Regioni viciniori le quali a loro volta potranno instaurare scambi commerciali sulla base di similarità riconosciute.2

Assenza di vincoli europei, di dazi o tassazioni che possano limitare la libertà degli scambi, costituiscono elementi essenziali per un nuovo processo non più produttivo ma di libero scambio commerciale, tenuto presente che il riuso del prodotto e la limitazione produttiva sono alla base del ciclo anzi riferito. Così si perpetua all’infinito il supporto che ogni Regione offre e che riceve, privo di vincoli o restrizioni provenienti da Stati egemoni.

Naturalmente è questo un terreno tutto da sviluppare, unitamente a Economisti, cercando nuove forme di patti territoriali. Ad esempio la Sardegna e la Catalogna, assai vicine sotto il profilo culturale nonchè linguistico, potrebbero avviare un Patto di territorialità o di contigua cooperazione nel versante turistico. La Baviera e il Lombardo-Veneto, oggi Nord-Est, su quello della meccanica e dell’automobilismo. Il versante adriatico, con le sue 5 Regioni potrebbe avviare scambi culturali e interscambi con la Slovenia e Croazia. In pratica un sistema economico fungibile, idoneo ad avvicinare le economie regionali e potenziarle senza timore di tassazioni, dazi o vincoli europei come avviene attualmente. Peraltro un’idea non nuovissima, poiché nel 1988 venne avanzata la proposta di aumentare la cooperazione tra Regioni3 così che le Regioni di Auvergne-Rhône-Alpes (Francia), Baden-Württemberg (Germania), Catalogna (Spagna) e Lombardia (Italia) firmarono Il 9 settembre di quell’anno un vincolo cooperativo che istituì la rete dei “Quattro motori per l’Europa”. Queste 4 Regioni rappresentavano 36 milioni di abitanti e il 9% del Pil delle Comunità europee di allora.

Le varianti della forma di governo autonomo

Mai come in questo momento il vecchio Continente, che è anche il più vecchio dei Continenti, a giudicare dalle curve demografiche, è al centro del dibattito per discutere il suo futuro interconnesso con quello degli altri continenti, specie l’Asia e Le Americhe. Un recente volume “Next UE, a new powertrain4costituisce uno dei primi tasselli del dibattito sul futuro dell’Europa. Il problema, alla luce degli avvenimenti correnti, non è più confinabile alle ipotesi di filosofia politica o di ricerca di scuola della forma migliore di governo. Esso tocca direttamente la vita dei cittadini europei, del futuro dei giovani, dell’occupazione e del mercato globale.

Nella la X legislatura del Parlamento Europeo (PE, 2024-29) potremo, non certo come finora avvenuto, utilizzare quella sessione legislativa per la discussione propositiva, in guisa di Legislatura Costituente. Incombono temi G-local, urge una riforma dei Trattati Europei compito affidato alla Conferenza sul Futuro dell’Europa (Cofoe). Questa ha già messo a punto 178 raccomandazioni emerse dai panel dei cittadini poi riassunte in 49 proposte. Come spesso succede in democrazia parlamentare molte riforme sono volte alle regole di funzionamento dell’UE, come il superamento dell’unanimità per le decisioni del Consiglio (che rappresenta i 27 Stati membri), la vexata quaestio della difesa comune, su cui si dibatte dall’epoca delle “sedia vuota” quando la Francia gaullista ne boicottò la creazione. Emergono anche altre istanze come l’esigenza di una nuova legge elettorale europea che affronti in modo determinante il ruolo delle minoranze prive di tribuna nel PE ovvero anche il problema della povertà incoming in molti paesi ormai stremati nel loro sviluppo e la Questione Ambientale che in Europa si intreccia con quella del futuro agricolo e del cibo, diritto da assicurare in modo universale.

Il volume “Next UE, a new powertrain”5 affronta molte tematiche ma presenta due target:

-la rappresentatività e la cura della dignità delle minoranze non solo etniche, religiose e linguistiche ma anche di quelle emergenti e funzionali. L’Europa dei diritti e dell’inclusività non può più aspettare sia per la applicazione dei principi etici, di matrice cristiana e socialista, che hanno alla base la solidarietà, e la fratellanza nella giustizia, principio scaturito dal 1789, sia perché la matrice democratica è storicamente europea.

– l’altro target è quello della perequazione socio-economica da raggiungere attraverso il percorso del Federalismo Europeo Regionale, attraverso la forma di governo federalista o regionalista, attraverso ancora l’economia sinergica regionale. Questo passaggio risulta complesso anche perché da tempo non c’è ordine metodologico e politologico sui concetti di Indipendenza e Autonomia e sue varianti. Il conferimento del grado di Autonomia, concesso dalla Carta Costituzionale, fissa anche- non solo in Italia con il Titolo V ma anche in altri paesi come Spagna e Germania- i limiti della legislazione concorrente spesso fonte di incertezza nell’attribuzione delle competenze, quando non costituzionalizzata, Fig. 1.4.6

Fig. 2. Le diverse concezioni di Forme Autonomo di Governo, a impianto Regionalistico o a impianto Federalistico.

Sicché, dall’osservatorio italiano, deriviamo i concetti di Autonomia a Statuto Speciale attribuita a nostre 5 Regioni (Val d’Aosta, Friuli, Province autonome di Trento e Bolzano, Sardegna e Sicilia), a statuto ordinario tutte le altre che in questi ultimi tempi chiedono la forma dell’Autonomia che correttamente deve intendersi come Straordinaria o Rafforzata.

Ora la questione è: il processo di Governance Locale (questa sì che potremmo chiamarla G-local) come direbbe Von Clausewitz, è troppo serio per affidarla ai federalisti nostrani. Forse apparire presuntuoso ma se quanto sopra può inscriversi in un processo di modifica dei Trattati Europei in senso Federalistico o Regionale con una valenza strategica, il processo avviato in Italia sulla modifica delle Autonomie Ordinarie appare godere di una più modesta valenza tattica.

La trappola dell’autonomia differenziata

Per capire a fondo le motivazioni del DDL Calderoli sull’Autonomia differenziata, bisogna partire dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, segnatamente artt. 116 e 117 circa la statuizione della concorrenza legislativa Stato-Regione, modifica costituzionale che reca la L.3/2001.

La non perfetta enunciazione delle materie di competenza esclusiva statale di competenza concorrente regionale ci rimanda al Comma 3 dell’Art.1177.Salute e istruzione, che rappresentano diritti irrinunciabili e inalienabili, finiscono nel calderone delle materie concorrenti su cui le Regioni amministrano e deliberano con dispositivi legislativi mentre lo Stato si riserva leggi di inquadramento generale, le cosidette Leggi-Quadro.

Esaminando nel merito il DDL Calderoli si nota innanzitutto una sorta di linea-guida per le Regioni ad autonomia normale, non speciale come le Regioni Sicilia, Sardegna, Friuli, val d’Aosta e Province Autonome di Trento e Bolzano. Se analizziamo l’articolato dello Statuto Siciliano ci imbattiamo negli artt. 36-37-38 che riguardano trasferimenti speciali denominati “Fondo di Solidarietà nazionale”. Le Regioni a Statuto speciale vantano una primogenitura, figlia delle disagiate condizioni post-belliche, maturarono in un clima di imminente secessione siciliana con la formazione del Movimento Separatista di Andrea Finocchiaro Aprile e il suo braccio armato EVIS in Sicilia e del nascente banditismo sardo. Le altre Regioni erano di confine con la Francia e con la cortina di ferro in epoca di guerra fredda e in queste circostanze si resero necessarie concessioni speciali, in termini di trasferimenti di legislazione.

Istituite nel 1970, le Regioni a Statuto ordinario, sono soggette a dettami ordinamentali statuiti dalla Costituzione e poi successivamente dai Trattati Europei ove, peraltro, è presente, con minimo margine di attività, il Comitato Europeo delle Regioni. Oggi, la devoluzione regionale riguarda alcuni aspetti dei servizi e beni pubblici come sanità e istruzione.

È la sanità il punto cruciale, basti pensare che mediamente il PIL regionale è massimamente devoluto a questo capitolo di spesa. La Lombardia con un PIL di 25 mld/anno ne impiega 17 sul solo Capitolo di Bilancio della sanità.

Eppure i risultati sono così scadenti che dieci Regioni su 20 (tutte del Sud e delle Isole) sono dovute scivolare in Piano di rientro nel 2002 ed ancora non ne sono uscite, non avendo consolidato i bilanci. Ma l’aver voluto aziendalizzare ossia creare profitto per l’Azienda ospedaliera o meglio renderla più competitiva dal punto di vista finanziario è stato un crinale molto scivoloso che ha portato ai risultati odierni: il malato è un cliente e dunque per avere una prestazione deve pagare.

Se a questo si associa la cattiva riforma del Titolo V della Costituzione che demanda alle Regioni la prerogativa legislativa in tema di salute e ambiente (più scuola e sicurezza) si ottiene che non solo ci si cura male ma in certe Regioni; quelle che spendono di più, ci si cura peggio. Da qui nasce il pendolarismo sanitario che fa gravitare in aziende di prima eccellenza (Torino, Milano, Roma) la bilancia delle prestazioni erogate sia in termini di quantità (con aumento della lista d’attesa) sia in termini di qualità (con impoverimento delle aziende meno dotate in termini di risorse materiali ed immateriali). Il malato dunque diventa bistrattabile perché povero e perché residente in aree depresse da punto di vista sanitario. Si crea un’intollerabile congerie di motivazioni che deprimono la realizzazione dei diritti elementari del cittadino, in questo caso sanciti dall’art. 32. 89

Oggi ci si domanda in quale modo la decentralizzazione dello stato assistenziale possa coniugarsi anche con la responsabilizzazione diretta del settore ospedaliero-assistenziale da parte delle Regioni, quello che in origine fu definito federalismo sanitario. Forse tra tutti gli aspetti degni di evoluzione in senso decentrato o regionale, il pianeta sanità è quello che più si dimostra suscettibile di tale sviluppo. Ciò in pratica si può sintetizzare con la formula della tassazione regionale sulla Salute in funzione delle proprie necessità per conglobare risorse commisurate ai redditi della singola Regione, Cfr Cap. 16.

Come si vede, il “contentino” legislativo, ammantato di costituzionalità altro non è che un ulteriore legaccio con cui lo Stato avvince le Regioni in un percorso normativo bloccato. Lo si constata in atto amministrativo in cui il conflitto di competenze si manifesta quotidianamente e crea confusione normativa. Ma la Riforma Calderoli ribalta la posizione di vantaggio regionale sullo Stato, Fig. 1.5.

Fig. 1.5 La mappa del regionalismo amministrativo in Italia.

Trasferimenti e aiuti di stato

La stessa definizione di “Autonomia Differenziata” non è giuridicamente convincente. Nella Fig. 1.4 le Autonomie vengono distinte in Ordinarie, sancite dalla Legge istitutiva del 1970, Legge 16 maggio 1970 n.281, a Statuto Speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli-VG, Val d’Aosta e Province Autonome di Trento e di Bolzano) ed infine “ad autonomia differenziata”, secondo la normativa che si vorrebbe introdurre con DDL Calderoli. In vero, secondo norma, dovrebbero definirsi “ad autonomia rafforzata” per un processo di costituzionalizzazione differenziato.

Come noto, nello Statuto Siciliano gli articoli 36, 37, 3810 (particolarmente quest’ultimo) rivestono particolare significato per la della solidarietà nazionale in favore delle regioni svantaggiate. Come sottolinea Di Gregorio 11, detto tema è all’attenzione, e anche nel mirino, della Corte Europea di Giustizia (CGE) per la caratterizzazione dei criteri giuridici e costituzionali che consentono di distinguere, qualificare e incentivare interventi di carattere generale necessari allo sviluppo delle aree meno privilegiate distinguendoli opportunamente da interventi settoriati, non autorizzabili quali gli aiuti di stato. La Corte12 nelle sentenze n. 87 del 1987, del 6 settembre 2006 (C-88/03) e Sentenza CGE 11 settembre 2008 (da C-428/06 a C-434/06) afferma la non sostenibilità che si tratti di aiuto di stato la misura il cui beneficio sia destinato alle imprese ubicate in talune regioni e quindi da considerarsi selettiva quando vengano assolte determinate condizioni:

  1. la prima e prioritaria è che l’ente che adotta la misura sia dotata di poteri sufficientemente autonomi di rango costituzionale nell’esercizio di tale prerogativa e goda di uno statuto politico-amministrativo distinto da quello del governo centrale (autonomia istituzionale);

  2. la seconda che la decisione venga assunta, senza intervento diretto da parte del governo centrale rispetto al suo contenuto ed indipendentemente da qualsiasi considerazione collegata alla condotta dello stato (autonomia procedurale) ed infine

  3. la terza che l’ente si assuma le conseguenze politiche ed economiche di una tale misura, nel senso che non debbono esserci forme di compensazione a carico dello stato o di altre regioni del minore gettito derivante dalla agevolazione (autonomia finanziaria).

Nelle citate sentenze del 2006 la Corte di giustizia fa esplicito riferimento alle misure di riduzione delle aliquote delle imposte personali e sulle imprese, applicate nella regione autonoma delle isole Azzorre, come aiuti di stato ritenendo non asseverata la condizione per la quale l’ente che introduce l’agevolazione ne deve sopportare anche il relativo onere finanziario; manca nel caso in esame il requisito dell’autonomia finanziaria in ragione del fatto che i meccanismi della solidarietà nazionale previsti dalla Costituzione Portoghese ed infine i suoi effetti in termini di minore gettito sulla finanza regionale venga in ogni caso compensata da un meccanismo di finanziamento gestito a livello centrale.13

Appare dunque correlabile che queste sentenze della CGE possano escludere la impraticabilità dei trasferimenti straordinari alle Regioni, escludendoli dal novero degli aiuti di stato, allor quando la Regione destinataria venga inscritta in un quadro rafforzato di costituzionalizzazione, come appunto il Sen. Calderoli, esperto conoscitore della normativa, vorrebbe sancire.

Note:

1Ferrara A. et al. La vita al tempo del petrolio. Agora&CO, Lugano 2017.

2Le conseguenze Economiche delle crisi globali, a cura di A. Ferrara, Tomo II, Capitolo 1. Agora&CO, La Spezia Lugano 2023.in press

3Per comodità si usa questa espressione per individuare collettività politiche-territoriale rette da organi elettive, che comprendono realtà diverse dai Länder tedeschi, che sono veri propri Stati, membri di uno Stato federale come la RFT, le Province dei Paesi Bassi, le Regioni francesi, le Comunità Autonome spagnole e appunto le Regioni italiane dopo la riforma del Titolo V con la legge costituzionale n. 3/2001.

4Ferrara A., Planetta E. Next UE, a new powertrain”. Aracne Ed., 2022.

5Ferrara ibidem 3

6D ‘Atena citato nel volume “ Next UE”

7Art. 117, comma 3 Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innova- zione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

8Ferrara A., Planetta E. NEXT UE, Aracne ed., 2022.

9Costanzo P., Ferrara A. Salute e Ambiente, diritti feriti. Ed.SEU-Roma, 2021

10Art. 36 1. Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima. 2. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto.

Art. 37 1. Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. 2. L’imposta, relativa a detta quota, compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima.

Art. 38 1. Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici. 2. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. 3. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo.

11 Di Gregorio S. Il fondo di solidarietà nazionale dal 1947 ad oggi – aspetti finanziari e giuridici. ARS 22 giugno 2010.

12 Sentenza CGE del 6 settembre 2006 (C-88/03) e Sentenza CGE 11 settembre 2008 (da C-428/06 a C-434/06).

13 Di Gregorio S. ibidem.

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