Interconnessioni europee e inquinamento. Perché sì alla TAV.

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Decongestionare la Valle Padana , camera a gas permanente

di Aldo Ferrara*

L’adozione del Protocollo di Kyoto, con i suoi meccanismi, si è rivelata poco utile e soprattutto non ha evitato che paesi poco sviluppati subissero le spese del cambiamento climatico. Anche le COP (Conference of the Parties) fino alla 24° edizione hanno mostrato la loro inefficacia.

Dagli anni settanta e con il profilarsi del declino fordista, lo sviluppo del mondo industrializzato si è affidato al terziario, con il trasporto di merci materiali ed immateriali ed è cresciuto a dismisura il trasporto stradale.

Lo testimonia anche la politica UE con l’approvazione del Piano Van Miert di corridoi europei, nel segno di una maggiore e più profonda strutturazione viaria, senza per questo trascurare quella ferroviaria. Ma in pratica, al di là delle ottime intenzioni di trasferire merci e passeggeri su ferrovia, la tendenza che registriamo va comunque nella direzione dello sviluppo di trasporti su gomma.

In effetti Karel Van Miert, l’anticipatore della vera osmosi europea, si rivolta nella tomba. Il perché è presto detto. Cessate le polemiche, TAV e sviluppo programmato dei Trasporti Europei, regolamentazione legislativa ad hoc e limitazione del traffico, urbano ed extraurbano nel contesto territoriale europeo, legislazione urbanistica volta a limitare il traffico su gomma, riduzione dell’inquinamento e sviluppo del Traffico Pubblico Locale, sono ormai lettere morte e sepolte.

Tra i principali esponenti del Partito Socialista belga, Karel Van Miert, immaturamente scomparso nel 2009, venne indicato nel 1989 dal governo del suo paese come Commissario Europeo del Belgio per i Trasporti, credito e tutela consumatori. Successivamente come Commissario alla concorrenza (1993-1999) a lui si deve la tutela degli utenti telefonici, l’avvio della vertenza contro Microsoft e soprattutto della deregulation aerea. Senza Van Miert, non avremmo oggi il low-cost nel trasporto. Per anni, in virtù di queste delicate tematiche, fu considerato”l’uomo più potente d’Europa”.

Karel Van Miert ebbe chiara subito, dall’osservatorio privilegiato di Bruxelles, una visione dell’Europa che cambiava pelle a causa di eventi politici drammaticamente subentranti. Innanzitutto il crollo del muro nel 1989 aveva aperto i mercati dell’ex impero sovietico. Ciò determinava la riapertura delle frontiere e l’immissione sul mercato di domanda crescente che avrebbe potuto favorire enormi spostamenti di capitali verso Mosca e dintorni. La globalizzazione avrebbe potuto inglobare nel ciclo continuo anche il mercato ex-sovietico, estendendo i confini europei ad est ed allargando l’area del consumo. In realtà lo scontro bipolare tra imperi (sovietico e statunitense) si trasformò da militare in economico in virtù delle enormi risorse immesse sul mercato libero dalla Russia a far tempo dal 1992-93. Il resto lo fece poi il cosidetto “mondo degli affari”, un insieme di affarismo e impossessamento di enormi risorse dell’ex URSS, un coacervo di fattori, affatto poco trasparenti, di cui fu, e tuttora è, interprete politico Vladimir Putin. Quindi: Russia protagonista del mercato globale e non alla sua mercè.

La politica dei mercati liberi a regole disomogenee interessò già subito Van Miert da Commissario ai Trasporti. Fu lungimirante nell’osservare che il contesto europeo era stretto in una morsa economica e che, lontana ancora l’idea di unità politica, si faceva strada quella monetaria che poi sfociò nel 2002 nell’euro. Ma gli era anche chiaro quanto fosse in evoluzione la trasmutazione dei sistemi macroeconomici da industriali a post-industriali, post-fordisti e connotati da una spinta evolutiva verso il terziario avanzato.

Dunque, come più volte ribadito, spostamento di merci materiali ed immateriali sono alla base di un sistema economico chiuso, a differenza di quello basato su scambio delle merci reali e prodotte, tipico del sistema industriale di metà secolo XX.

Da tali motivazioni emergeva come essenziale il ruolo dei Trasporti Europei quale sistema più efficace per saldare economie a regime variabile e differente, alcune delle quali in difficoltà. Un sistema elastico per saldare l’Europa, ancora indefinita nel suo profilo economico e per attutire le spinte monopolistiche e rendere più osmotica le frontiere, o meglio il concetto di frontiera, tra i Paesi membri.

I trasporti dunque come cerniera e elemento favorevole l’osmosi tra popoli diversi, cosa che Van Miert riuscì a vedere, prima di morire nel 2009 in modo drammatico, solo nell’unione monetaria con l’avvento dell’euro.

Una concezione alta che faceva dei trasporti una variabile economica indipendente ed essenziale quale volano di sviluppo economico. Capì anche che in questa fase post-industriale, c’era in nuce una sorta di ritorno al mercantilismo d’antan, in altra e riveduta veste, essendo spenta o attutita la spinta industriale in molti paesi europei, Germania eccettuata.

Vide anche che le disparità tra Paesi membri, emergenti già dopo Maastricht, potevano essere sanate con un giusto equilibrio tra spostamenti compensativi di merci materiali mentre faceva capolino il fenomeno dell’immigrazione crescente, fino a diventare la migrazione attuale di masse, che costituisce un’altra variabile indipendente nel processo di sviluppo europeo.

Aveva ben chiaro, il Commissario Europeo, quanto fosse indispensabile, per un’osmosi tra genti che parlano lingue diverse con tradizioni differenti, la necessità di una coesione indispensabile ancor prima di un’unione monetaria. Lo sviluppo europeo, che passa anche attraverso turismo e integrazione culturale, sarebbe stato reso possibile solo in virtù di una rete efficiente di trasporti cui tuttora si deve dare una regolamentazione legislativa opportuna che tarda a venire.

Un’intricata rete di fattori inscritti in un panorama europeo complesso tanto da far pensare che fossero più consistenti dette variabili rispetto agli ordinari elementi di fusione e integrazione del vecchio Continente.

Come commissario per i trasporti, a Van Miert fu anche chiara la necessità di approfondire tematiche ecologiche per l’incremento consistente del traffico urbano ed extraurbano di cui in nuce si intravedevano i risvolti negativi sulla qualità non solo dell’aria ma dell’intero contesto sociale territoriale.

Così facilitò l’attività delle compagnie ferroviarie nazionali in altri stati membri ponendo le basi per la creazione di un mercato ferroviario europeo integrato, linee ferroviarie ad alta velocità (TAV) ed alta capacità (TAC) di trasporto merci, introducendo anche parallelamente criteri sul trasporto di merci su strada e l’introduzione di limitatori di velocità su camion e autobus.

La visione a tutto campo di Van Miert (economica, politica e commerciale) lo indusse a tracciare linee e contesti di trasporto non già divisori ma di scambio osmotico nel continente.

[caption id="attachment_11655" align="aligncenter" width="300"] FIG.1 I Corrridoi o larghe fasce di trasferimento ferroviario[/caption]

Nascono così i Corridoi Europei (FIG.1) allo scopo di creare un tessuto di interscambio multifunzionale tra paesi e non solo tra un paese e l’altro.

Quello che poteva intuire ma che non ha visto concretizzato è stato il ruolo dei paesi ex-sovietici in questo contesto, supportato dai paesi dell’Eurasia, attivamente presenti nel mercato europeo per il trasferimento di greggio e gas. Particolare cronistorico di non poco conto, considerata l’immissione di prodotti energetici sul mercato europeo, il loro impianto para-monopolistico (vedi Gazprom e Rosneft ), l’arrivo di un mercato di truck e bus dal versante orientale che, per sé, giustifica l’adozione di quelle misure sui mezzi pesanti volute da Van Miert.

Insomma un anticipatore di quello che sarebbe stato il contesto europeo, in una geopolitica condizionata dall’ingombrante vicinanza della Russia, dei paesi economicamente a lei satelliti (Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, i 5 stan) e dalla questione nord-irachena.

Un volto europeo che cambiava il suo stesso mercato con il consumatore-utente in balia dei monopoli, degli oligarchi e delle holding mondiali. Così il suo passaggio dall’azione di governo europeo sui Trasporti di merci materiali ed immateriali alla Concorrenza fu il naturale sviluppo di una visione politica ed europea efficacemente unitaria, troppo presto archiviata.

Van Miert ci ha lasciato troppo presto, deceduto nel 2009 per contro-contrappasso cadendo da una scala nel suo giardino, e non ha potuto verificare che quanto da lui paventato si stia drammaticamente realizzando nell’Europa più scompaginata che si potesse immaginare.

Togliere i TIR dalle strade

Ma c’è un altro problema che aveva intuito Van Miert nella sua esperienza di Commissario UE: togliere i TIR dalla strade.

Ormai resta solo nella memoria delle famiglie delle vittime ma il 6 agosto 2018 una terribile tragedia insanguinò la tangenziale di Bologna, a Casalecchio (2 morti e 145 feriti a seguito di una serie di esplosioni innescate da un tamponamento in cui fu coinvolta un’autocistarna con GPL – ndr). Non si è fatto tesoro di quanto avvenne e continua ad avvenire sulle strade a causa del trasporto merci.

A dispetto di ogni proclama politico, il trasferimento di merci materiali ed immateriali continua la sua “strada” su gomma. Secondo le raccomandazione UE, il nostro Paese deve destinare alla ferrovia e all’alta velocità il trasferimento delle risorse umane e immateriali mentre dal 1964, inaugurazione dell’Autosole, utilizza le due grandi arterie di traffico autoveicolare (la A1 sul versante centrale e l’A14 su quello adriatico) per il trasferimento della massima parte delle merci materiali, nella misura dell’85%. Dal 1964 non si registra sviluppo ferroviario merci, tutt’altro. La tragedia di Casalecchio del 6 agosto 2018 indica la necessità improrogabile che l’Agenda politica faccia il punto su la gravissima situazione della sicurezza dei cittadini sulle strade.

[caption id="attachment_11656" align="aligncenter" width="300"] Fig.2 Mobilità e trasferimento passeggeri mediante gomma e su ferro nel decennio 2005-2014 ( fonte AISCATT, 2015).[/caption]

L’introduzione dell’alta velocità (2010) su rotaia ha decisamente abbreviato i tempi di trasferimento passeggeri lungo la dorsale appenninica, parallela a quella percorsa dall’A1, per semplificare la tratta Salerno-Roma-Milano-Torino con le tappe intermedie. Malgrado questo e a dispetto del percepito collettivo, persistono alti volumi di traffico privato su gomma come testimoniato dalla Fig. 2 (AISCATT, 2015). La leggera flessione che si intuisce nella curva superiore, a far tempo dal 2012, è più probabile espressione della crisi economica che ha indotto alla contrazione di viaggi non indispensabili. Tale andamento si registra anche nei volumi ferroviari (curva inferiore) a testimonianza di una contrazione globale della mobilità.

[caption id="attachment_11657" align="aligncenter" width="300"] FIG. 3 Andamento del trasferimento merci nell’ultimo decennio (fonte AISCATT, 2015).[/caption]

La Fig. 3 indica quanto prima suggerito circa il trasferimento elettivo delle merci su gomma. Nello stesso periodo, cui si faceva dianzi riferimento (2012-2014), si assiste a una flessione del volume merci trasferito ma essa è dovuta alla contrazione di mercati, vendite e consumi a causa dell’effetto deflattivo di questo ultimo decennio. Che il trasferimento della merci su gomma non sia solo una prerogativa italiana ma dell’intera Europa, lo dimostra la tabella 1. Indipendentemente dalla crisi che ha attanagliato l’Europa dal 2008, e che comunque riguarda l’amount delle merci trasferite, la modalità di distribuzione segue sempre l’andamento classico su gomma, siano esse deperibili e quindi a trasferimento rapido siano esse meno deperibili e che quindi potrebbero usufruire anche del trasporto ferroviario.

[caption id="attachment_11658" align="aligncenter" width="300"] Tab. 1 Traffico Interni merci dal 2007- 2012 ( anni della grande crisi).[/caption]

Il trasferimento merci

Nell’Unione Europea il trasporto su strada è sicuramente quello più utilizzato per le merci con un ammontare fino al 45% sul totale trasportato mentre In Italia questa modalità sale fino al 55%. Tuttavia la crisi del 2008 ed anni seguenti ha finito per limitare lo stesso trasporto coinvolgendo nella deflessione la maggior parte dei Paesi UE ad eccezione della Polonia, che ha mostrato una crescita vicina al 40% nel periodo 2007-2012. L’Italia è invece il paese che fa registrare una contrazione più pesante nel 2011 (-18,7%) con lieve recupero nel 2012 (-13,2%), non tanto nelle merci in uscita ossia esportate, quanto per le importazioni a causa della contrazione dei consumi, (ANFIA 2014). In genere i valori percentuali di spostamento merci su strada rendono ragione delle possibilità infrastrutturali del territorio.

Ad esempio, vero è che la penisola italiana con la sua configurazione orografica, arco alpino e lineare appenninica, mal si presta a trasferimenti su ferrovia, eccezion fatta della valle padana, che vedrà appunto il percorso dell’alta capacità di trasferimento merci, inscritta lungo il corridoio 5 Lisbona-Kiev. Anche in virtù delle nuove infrastrutture, le speranze dell’UE tendono a modificare l’assetto attuale e infatti la previsione, probabilmente ottimistica, è quella di trasferire ad altra modalità il 30% della merce su gomma entro il 2030, per raggiungere l’obiettivo finale del 50% su strada nel 2050. Quel che si registra è un comportamento poco virtuoso a dispetto delle enunciazioni politiche di sostenibilità e si evidenzia addirittura la tendenza a una riduzione progressiva, dal 2007 ad oggi, dell’uso della rotaia. Questo andamento medio europeo non è molto differente da quello italiano che appare sostanzialmente in linea di tendenza.

Il Rapporto Nomisma Federtrasporto 2011 indica una progressiva internazionalizzazione della logistica e il numero di fusioni e acquisizioni nel settore dei trasporti (+12,5%). Lo studio evidenzia una sorta di controtendenza rispetto allo scenario globale (in cui anche il mondo della finanza sembra congelato), è proprio il settore dei trasporti a mostrare, a livello sia nazionale che internazionale, segni di dinamismo per quanto riguarda il settore del “merger and acquisition” (M&A). Nel 2010, il numero di fusioni e acquisizioni nel mercato italiano è stato superiore del 12,5% rispetto all’anno precedente. Secondo quanto emerge dal rapporto Federtrasporto-Nomisma, nel biennio 2009-2010, la logistica è il comparto che ha fatto registrare il maggior numero di acquisizioni (14), seguita dal trasporto pubblico locale (8); anche dal lato delle aziende oggetto di acquisizione prevalgono le imprese di logistica (15), seguite sempre a grande distanza da porti e aeroporti (7 ciascuno). La crescita complessiva dei processi di fusioni e acquisizioni sviluppa i movimenti di Italia su Italia, ma anche le operazioni Estero su Italia, mentre è in diminuzione il percorso inverso, di imprese italiane che acquisiscono società o compagnie estere.

Urge ed è indilazionabile una cambiamento nella mentalità e nella cultura del paese: via le merci dalle autostrade, utilizziamo le strutture per le Alte Velocità su ferro e le direttrici marine (Autostrade del mare).

Abbiamo sentito per anni il Leit-motiv “Cura del ferro” per la sicurezza stradale, ebbene è arrivato il momento di una sana dose di ferro per l’anemica economia italiana e per il troppo sangue sparso sulle strade.

Riferimenti bibliografici:

Ferrara A. Karel Van Miert, il profeta della vera unione europea, glistatigenerali.com, 4.10.2016

Ferrara A. Venturelli C., Sgadurra C., Giambartolomei S., Azzarà V. La vita al tempo del petrolio, Agorà & Co, Lugano, 2017

Ferrara A. La tragica lezione di Bologna:via le merci dalle strade, sì alla Tav, glistatigenerali.com, 7.08.2018

*Aldo Ferrara, Professore Universitario ed Executive dell’European Res. Group on Automotive Medicine ( ERGAM)

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