Oltre il Reddito di Cittadinanza: una politica ragionata, non palliativi

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Largo di Torre Argentina, Roma. Foto John Moeses Bauan -6ner152Cc6c-unsplash

L’abolizione del Reddito di Cittadinanza, la sua sostituzione con il Reddito di Inclusione, le polemiche politiche che ne sono seguite sono tutti fattori atti a porre un focus on su un problema degno di Public Policy ossia di intervento statale. Il problema è arduo perché complicato da altri fattori che rendono la povertà la risultante di numerosi fattori primari. Nella sua Relazione annuale dell’8 luglio 2022 il prof. Blangiardo, Presidente dell’Istituto Superiore di Statistica, è tassativo. “La povertà assoluta, nell’ultimo decennio, è progressivamente aumentata e, nel biennio 2020-2021, ha raggiunto i valori più elevati dal 2005, coinvolgendo oltre cinque milioni e mezzo di persone.”

Stando ai numeri, per povertà relativa o indigenza si intende la condizione di quei cittadini con un reddito inferiore del 60% rispetto al reddito medio disponibile nazionale. Per povertà assoluta si intende invece una condizione di deprivazione di beni e servizi essenziali inidonea per uno standard di vita [1]che eviti non solo forme di esclusione sociale ma l’insorgere di patologie tali da decurtare l’aspettativa di vita. Dunque, distinguendo la povertà incipiente o indigenza dalla povertà assoluta, la summa dei dati desunti dall’Istituto Superiore di Statistica e da Eurostat indica che in Italia, nel 2021, nel rischio indigenza sono entrati circa 15 milioni di cittadini, il 25% della popolazione, numero che tradotto in termini di nuclei segnala 3 di milioni famiglie (circa 11.1 % del totale dei nuclei familiari) mentre nella povertà assoluta è coinvolto il 10.1% della popolazione pari a 5.6 milioni di individui. Negli ultimi tempi si segnala una crescita di deficit economico di famiglie al Nord che sfiora l’8% mentre al Sud resta costantemente alta la quota del 9% dei residenti.

Tab. 1

In pratica nel nostro Paese (dati del 2018), il 20% della popolazione deteneva il 67% della ricchezza nazionale mentre il 50% ( più povero) si limitava al possesso dell’8%.

Il teorema di riferimento è che la condizione di povertà, innescata da meccanismi economici, comporti alterazioni dell’ordito sociale, porti all’alterazione individuale della condizione di salute. Sarebbe semplicistico dunque la riduzione causale ai soli fattori economici, domina il campo una multifattorialità che presenta anche elementi con valenza di causa, come la sussistente piaga dell’analfabetismo, l’abbandono scolastico che impedisce una qualificazione professionale e valenza di effetti come le ripercussioni sulla condizione sociale e di salute. Ergo questi dati bruti devono essere plottati con quelli dell’occupazione e della condizione di salute.

La Tab.2 analizza i fattori sopra elencati.

 

Tab. 2 Fattori determinanti la condizione di povertà assoluta o relativa.

 

Fig. 1 L’indice percentuale di disoccupazione in Italia, che dal 2018 presenta la tendenza alla riduzione. Dati ISTAT.

Per quanto i dati degli utili due anni indichino un impercettibile tendenza al recupero della occupazione, il Paese resta in preda alla disoccupazione e alla dipendenza senile, Fig. 1.

Sensu strictu, la dipendenza senile significa un aumento della quota di over65 il cui carico economico si riversa sulla forza lavoro, ossia sui soggetti idonei all’attività lavorativa e quindi retribuita (15-65 anni). Ma, come è noto, specialmente nelle sacche di disoccupazione (Sud e aree depresse del Nord) sono propri i nonni pensionati a tirare la carretta e sostenere gran parte del peso familiare. Dunque in soccorso arrivano i pensionati.

La ricognizione dello stato dei pensionati in Italia nel 2019 segnala oltre 16 milioni di pensionati, 7.7 milioni maschi e 8.3 femmine, per un importo annuo complessivo pari a 300 miliardi di euro. Il 96% di questi pensionati percepisce almeno una prestazione erogata dall’INPS con un reddito pensionistico medio mensile di 1.586,44 euro, lievemente superiore a quello dei pensionati italiani complessivi (1.563,79 euro).[2]

In un’ottica di “vecchiaia malata”, con un benessere appena di superficie, l’equilibrio diventa precario, se non critico, ai primi segni di malattia o invalidità. In mancanza di altri pilastri di sostegno (assistenza caritatevole, assistenza dei familiari spesso soggiogati dalla mancanza di lavoro) l’anziano a malapena riesce a sopravvivere dignitosamente, finchè non compaia l’evento clinico. A quel punto l’indebitamento è d’obbligo e solo così si decifrano i 7 milioni di cittadini italiani che ricorrono ai prestiti onerosi per le cure (CENSIS 2015).[3]

Tuttavia emerge anche l’utile cooperazione degli anziani: secondo Coldiretti (2023) il 40% dei pensionati contribuisce al ménage familiare. Di questi il 63% in modo diretto sul reddito ovvero nel 22% come housekeeper o accudendo ai nipoti.[4]

Dal Rapporto WHO del 2016[5] appare il dramma emergente della insostenibilità ambientale nelle Megalopoli Urbane con più di 14 milioni di abitanti. Sono realtà dove i fattori antropici e di traffico, peculiari delle città europee e americane, vengono potenziati nelle regioni asiatiche dalle tipologie di fossili utilizzati a scopo industriale, come ad esempio l’uso del carbone nelle industrie cinesi e indiane. Ergo si deduce che non sempre la ricerca dell’incremento del PIL (ovvero GPD) o della crescita economica significhi ricchezza, specie se si individua un quarto parametro, la salute, oltre i tre fattori già citati, produzione, consumo e prezzo del bene.

Nell’incipit alla Seconda Parte del Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, II Tomo, nel suo Capitolo n. 59, scritto dalla prof.ssa Carla Rossi[6] si evidenzia quanto segue.

Esiste un irrituale e pur drammatico rapporto tra PIL di numerosi paesi ed epidemiologia delle neoplasie. Ne deriva una classificazione che sembra la riedizione della concezione di Willy Brandt secondo il quale passava una cesura tra il Nord del mondo ricco e il Sud povero. Concezione superata dal punto di vista socio-politico ma che si rivela attualissima incastonandovi l’epidemiologia della malattia del secolo (scorso e dintorni) che continua a imperversare anche in questo XXI.

Il grafico delle Figg.2, A e B, indica il rapporto tra PIL di un paese e sua incidenza tumorale/100 mila abitanti. I Paesi industrializzati e sviluppati presentano tassi d’incidenza nettamente superiori ai paesi meno sviluppati o in via di sviluppo. Se l’Australia denuncia 452 e gli USA 356 pazienti di cancro/100 mila abitanti, nel Buthan, Asia, 5/6 volte meno (81 e nel Congo, in Africa, 84). L’ipersviluppo industriale, allineato con l’uso delle fonti energetiche fossili, si inscrive, con fattori diretti e indiretti, quale causa primaria nel rischio-cancro, che sembra risparmiare i paesi poveri, meno coinvolti sotto questo profilo. In pratica un equivalente dell’HDI, Human Development Index.

Fig. 2 Rapporto tra epidemiologia del cancro/ 100 mila abitanti versus PIL di Paesi industrializzati (istogrammi di sinistra) e Paesi in povertà (istogrammi di destra). Dal Capitolo 59, II Tomo Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente a cura della Prof.ssa C.Rossi.

A livello mondiale, la valutazione epidemiologica delle morti premature per cancro da fattori ambientali nonché occupazionali si aggira sul 20% del totale (Prüss-Üstün et al., 2016) e per l’Europa è confermato il dato fissato sul 10%. Parkin et al., 2011; Brown et al., 2018; IARC, 2018; Gredner et al., 2018; Tybjerg et al., 2022[7]. Un’ulteriore conferma che la Medicina Occupazionale ovvero del Lavoro sta transitando verso la Medicina delle Comunità.

L’Agenzia Europea sull’Ambiente (EEA, European Environment Agency) conferma, dunque, il ruolo dell’esposizione all’inquinamento atmosferico, alle sostanze chimiche cancerogene, al radon, ai raggi UV e al fumo passivo, tale da contribuire per oltre il 10% del cancro in Europa. Ammontano a quasi 2.7 milioni i nuovi pazienti diagnosticati e 1.3 milioni di decessi ogni anno nell’UE-27 (Dyba et al., 2021). Sebbene l’Europa rappresenti meno del 10% della popolazione mondiale, ha il peso del 23% di nuovi casi di cancro e 20% dei decessi mondiali per cancro (Sung et al., 2021)[8]

Conclusioni

Esistono due ordini di problemi tracciati. Il primo è relativo alla valutazione quantitativa degli indici di indigenza e povertà che rendono sofferente la popolazione. La sua distribuzione geografica, geopolitica ed economica oggi è al centro di serrate investigazioni perché il problema planetario va comunque, se non risolto, almeno affrontato. Numerose istituzioni dettano le guide-line per trovare policies che almeno mettano sul tappeto il problema.

Possiamo dunque assimilare la povertà alla punta dell’iceberg, perfettamente in mostra e nella sua piena evidenza. Le sacche di emarginazione economica e sociale possono invece rientrare nella parte sommersa dell’iceberg, non sempre perfettamente individuabile.

Riteniamo quindi che venga approfondita la metodologia di investigazione poiché essa richiede un concerto interdisciplinare al fine di utilizzare parametri certi per individuare sacche di indigenza, sofferenza ed emarginazione sociale che possono sfuggire, celarsi o essere sottovalutate.

In secundis, la selezione dei parametri non può essere affidata alla sola statistica che nella sua crudezza mostra cifre ma non contesti. Essa deve essere accompagnata alla valutazione della geopolitica demografica, dell’accurata valutazione economica che consta di parametri come produzione, prezzi, consumi, volumi di esportazione e di importazione. Anche il parametro della salute della Collettività sembra in questo dinamismo assumere un suo ruolo dominante non solo in virtù di concetti di etica sociale quanto soprattutto perché, come dimostrato, appare utile a svelare aree di nocività, a volte inattese. E in condizioni come quelle ora descritte, il principio della salute collettiva diventa strumento ineludibile, oltre che finalità primaria.

In ultimo si può ridisegnare la definizione di Povertà Relativa (indigenza) come quella condizione multifattoriale di sofferenza non esclusivamente economica, idonea all’emarginazione sociale e culturale nella quale il crinale tra sussistenza e insussistenza appare precario perchè inficiabile da altri fattori emergenziali esterni (inflazione, condizione di salute.

Per Povertà Assoluta si deve intendere quella condizione ultima al limite della sussistenza ove, oltre ai parametri economici, coesistono fattori primari quali condizioni di malattia, acuta o cronica, blocco dell’ascensore sociale e minimo livello culturale incompatibile con un adeguato lavoro degnamente retribuito. Fattori tutti determinanti per l’incapacità di risalita economico-sociale.

Fig. 3 Coacervo di fattori concorrenti Primari o Globali alla condizione di povertà. Tra questi vanno considerati anche quelli non propriamente economici ma che pure hanno qualità causale.

 

 

Fig.4 Fattori concorrenti Secondari o Locali nella genesi della mutazione socio-economica verso la povertà.

Le ultime due Figg. 3 & 4, secondo il nostro parere, indicano e differenziano fattori Primari Globali che incidono in tutto il pianeta spingendo intere classi o gruppi sociali verso la povertà come il cambiamento climatico, l’inflazione o lo stato di salute ed altri fattori denominati Secondari o Locali che hanno valenza loco-regionale o nazionale nel determinare lo sviluppo delle sacche di povertà e che possono differire in funzione del Continente, Paese o regione interessata.

Quanto sopra dimostra che il problema non si risolve in modo elargitivo, quasi con criterio ottriato, con sussidi più o meno mascherati ma con una Public Policy che affronti ab imis il problema.[9]

Note


[1] Vincenzo Cerulli Irelli – Anna Giurickovic Dato. La lotta alla povertà come politica pubblica. Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche,11, 2020, pagg. 189-229

 [2]Rapporto AUSER, 2012; EURISPES, Rapporto Italia, 2012.

[3] Rapporto Auser II Rapporto sulle condizioni sociali degli anziani in Italia, Studio coordinato da Michele Mangano,febbraio 2012

[4] Nova.news Inflazione, Coldiretti: i nonni salvano il bilancio domestico in quattro famiglie su dieci, 25.01.2023

[5] WHO, Ambient Air pollution: a global assessment and exposure and burden of disease, Gèneve, 2016

[6] Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, a cura di A.Ferrara, Tomo II, Capitolo 59 “ Epidemiologia delle neoplasie in Italia e nel Mondo”, a cura di Carla Rossi, pag. 135-136.

[7] EODC, Determinanti ambientali e occupazionali del cancro, Wu et al. (2018).

[8] European Environment Agency (EEA), Beating cancer, the role of Europe’s environment, 28 giugno 2022

 [9] Sintesi del Capitolo 2 “I fattori della povertà in Italia e nel mondo” del Volume, Tomo I, “Le conseguenze economiche delle crisi globali, interazioni tra ambiente, salute, economia”, Ed. Agora&CO, Lugano, La Spezia, a cura di Aldo Ferrara.

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