Napoli e lo Spirito di S.Teresa d'Avila

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La città come un doppio, un’analogia dello spirito, in cui le forme interiori dell’essere umano si articolano in una composizione concreta: questo il soggetto della mostra Sette Stagioni dello Spirito, di Gian Maria Tosatti, curata da Eugenio Viola (Napoli, Museo MADRE, 16 dicembre 2016 – 20 marzo 2017). Analogamente a quanto già sperimentato in altre città, come Roma (Devozioni, 2005-2011) e New York (I’ve Already Been Here, dal 2011), l’artista ha avuto la possibilità di utilizzare l’intera città di Napoli come possibile spazio di intervento. Nell’ideazione e realizzazione dell’imponente progetto Sette Stagioni dello Spirito, dal 2013 al 2016, Tosatti ha ripercorso la traccia di Il Castello Interiore (1577), il libro in cui Santa Teresa d’Avila suddivide l’animo umano in sette stanze, e le ha trasfigurate in altrettante monumentali installazioni ambientali, ordinate come i sette capitoli progressivi di un libro in cui si intrecciano fonti letterarie e filosofiche, riferimenti storici e teologici, ulteriori figure, pensieri e storie. Un’opera di matrice narrativa e filosofica e in formazione progressiva, tesa a ridefinire il rapporto fra arte e comunità – fra intervento artistico e tessuto sociale e antropologico – concepita come un unico grande romanzo visivo e performativo che, esplorando la città e la dimensione del vivere civile, connette l’assoluto dell’elemento etico con il nostro presente storico e i conflitti e le lacerazioni che lo caratterizzano. La mostra dedicata al progetto Sette Stagioni dello Spirito – ospitata in due aree del museo MADRE, la Project room al piano terra e otto sale al secondo piano – non ha inteso semplicemente restituire la memoria di quest’esperienza, sintetizzandola in una prospettiva unitaria, quanto offrirne una dimensione ulteriore: ricostruirne il percorso “dietro le quinte”, permettendo al pubblico di ripercorrerlo nella sua articolazione complessiva e raccontandone la dimensione intima. Due elementi, esposti nella Project room al piano terra, fungono da prologo all’intero racconto: il pavimento dello studio dell’artista e il suo diario. Il primo, estratto ed astratto dal suo contesto, si pone come spazio mentale, luogo di evocazioni che prendono forma compiuta nelle opere esposte al secondo piano. Il secondo è restituito, invece, come il sudario di un pensiero nel suo stesso farsi. Accanto a questi due elementi, il lungometraggio che racconta l’imponente processo di realizzazione del progetto, e che funge da ideale controcampo, è presentato come un ulteriore diario per immagini che introduce il visitatore in una storia raccontata, ora, nella sua interezza. Analogamente basato sulla compresenza di un doppio registro, testuale e visuale, il percorso nelle otto sale al secondo piano procede per estrazione e astrazione presentando una sequenza di “camere mentali”, riferite ai sette capitoli del progetto originario, oltre a una prima sala di carattere introduttivo. Questi ambienti diventano altrettante metaforiche declinazioni dello studio dell’artista, nel corso degli anni trascorsi a Napoli, ognuno occupato da materiali di studio (disegni progettuali, schizzi preparatori, documenti e resti) insieme a una selezione di opere del progetto, esposto come il resoconto, pieno di appunti e cancellature nel sovrapporsi delle decisioni e dei cambiamenti, di quella “sinfonia per città e suoi abitanti” con cui l’artista spesso si è riferito alla sua opera. In questo modo, per la prima volta, il visitatore può attraversare diacronicamente l’intero ciclo di Sette Stagioni dello Spirito condividendone una visione diversa, necessariamente selettiva, come è, per l’appunto, quella dettata dalla memoria, e allo stesso tempo nuova, sollecitata dalla riproposizione nel contesto museale di questa esperienza. I sette interventi/capitoli site-specific di Sette Stagioni dello Spirito hanno originariamente permesso la progressiva riapertura e il recupero di alcuni edifici storici e monumentali, abbandonati o dismessi, della città di Napoli, radicalmente trasformati dall’intervento dell’artista. Questi luoghi sono diventati punti radianti per opere che, dal tessuto umano, si sono estese a quello urbano, animando o rianimando spesso interi quartieri, ed ora strutturano il percorso della mostra al MADRE. Ad ognuno di questi interventi, o “stazioni”, è stato dato un titolo e una connotazione, che dal male più profondo tende al bene assoluto: 1. La peste (Chiesa dei SS. Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi) ha affrontato il tema dell’inconsapevolezza come la più grave malattia dello spirito; [caption id="attachment_8243" align="alignnone" width="900"]La peste La peste[/caption] 2. Estate (ex-Anagrafe Comunale in Piazza Dante) si è focalizzato sul principio dell’inerzia quale principale causa della dissoluzione; [caption id="attachment_8244" align="alignnone" width="300"]Estate Estate[/caption] [caption id="attachment_8245" align="alignright" width="300"]Gian Maria Tosatti, Sette Stagioni dello Spirito - 3_Lucife3 (FILEminimizer) Lucifero[/caption] 3. Lucifero (ex-Magazzini Generali del Porto di Napoli) ha indagato la complessità legata al concetto di errore;   4. Ritorno a casa (ex-Ospedale militare) si è concentrato sul tema della salvezza; [caption id="attachment_8246" align="alignnone" width="800"]Ritorno Ritorno[/caption]   5. I fondamenti della luce (ex-Convento di Santa Maria della Fede) ha indagato il concetto di ricerca della verità; [caption id="attachment_8247" align="alignright" width="200"]I fondamenti I fondamenti della luce[/caption]     6. Miracolo (ex-fabbrica nel quartiere di Forcella) ha istituito una vera e propria pratica del bene; [caption id="attachment_8251" align="alignnone" width="191"]Miracoli Miracolo[/caption] [caption id="attachment_8248" align="alignright" width="300"]Terra Terra dell’ultimo cielo[/caption] 7. Terra dell’ultimo cielo (Convento della Santissima Trinità delle Monache) ha suggerito una possibile suggestione sul destino finale dell’uomo.     Il progetto originario Sette Stagioni dello Spirito, nelle sue articolazioni territoriali, è stato promosso e organizzato da Fondazione Morra con il sostegno di Galleria Lia Rumma. Gian Maria Tosatti (Roma, 1980). Vive e lavora fra Napoli e New York. I suoi progetti sono indagini a lungo termine su temi legati al concetto di identità, sia dal punto di vista politico che spirituale. Le sue opere principali appartengono ai cicli Devozioni (2005-2011), Fondamenta (2011- in progress) e Le considerazioni (2009-in progress). I progetti e le opere dell’artista sono stati esposti presso numerose istituzioni, fra cui Centro Wilfredo Lam (L’Avana, 2015); Hessel Museum/CCS BARD (New York, 2014); Casa Testori (Milano, 2014); American Academy in Rome (Roma, 2013); Museo Villa Croce (Genova, 2012); Tenuta dello Scompiglio (Lucca, 2012); Lower Manhattan Cultural Council (New York, 2011); Chelsea Art Museum (New York, 2009); Palazzo delle Esposizioni (Roma, 2008). Sue opere permanenti sono presenti nelle collezioni del MAAM (Roma) e di Castel Sant’Elmo (Napoli). ]]>

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