#Brexit: nebbia sulla Manica

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Il continente è isolato: il detto inquadra quel certo modo britannico di guardare il mondo, che si è pienamente riversato nella decisione di rinunciare agli accordi europei. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, votata a maggioranza il 23 giugno 2016, è un po’ come un nuovo 11 settembre, ma più globalizzato. Nel mondo erano tutti favorevoli alla decisione opposta: gli altri Paesi europei, gli Stati Uniti di Obama, la Cina. E fino all’ultimo si aspettava che vincesse il “no” all’uscita, inclusi gli immancabili e chissà perché sempre così ingannevoli exit poll. Splendid isolation: l’orgoglio britannico ha prevalso. Sinora hanno sempre avuto ragione loro: nel XX secolo i britannici sono stati i buoni da cui partiva l’offensiva per recuperare alla salute mentale un continente caduto sotto le grinfie dei cattivi. E i cattivi sono stati in prevalenza i tedeschi: che sotto questa uscita britannica ci sia anche un poco di antigermanismo è poco ma sicuro. Ma il fatto che sinora abbiano avuto ragione non vuol dire che l’avranno anche in futuro. Questa decisione è di quelle prese “con la pancia” non “con la testa”. Non a caso il voto pro uscita è maggioritariamente provenuto dagli over 50, mentre la stragrande maggioranza dei giovani ha votato per mantenere gli accordi con l’Europa: è stato un voto nostalgico, non proiettato nel futuro. (Il 75 percento degli under 24 ha votato a favore di mantenere gli accordi europei. Il 56 per cento degli under 49 ha fatto lo stesso. Invece gli ultracinquantenni — in particolare gli ultrasessantacinquenni — hanno votato in maggioranza per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea). Quali sono le aspettative ora? Dallo shock possono emergere cambiamenti positivi o negativi. Solo il tempo dirà, ma consideriamo qui alcuni aspetti. Da parte russa si spera che l’Europa si definisca in modo più indipendente dagli Stati Uniti, così che la NATO cessi di operare come se la guerra fredda fosse ancora in pieno svolgimento, cercando di avanzare brano a brano verso il territorio russo. Che il punctum dolens dello scontro sull’Ucraina sia ricondotto entro i termini di una sana Realpolitik. E che si rafforzino i legami politici, economici e strategici sul continente, anche come estensione dei crescenti legami economici e culturali che si stanno distendendo tra Cina e Russia sulla “Via della Seta”. Da parte cinese si aspettano che l’Europa dei 27 si riproponga come solida unità economica con cui dialogare. I vari movimenti nazionalisti recentemente rafforzatisi in reazione alle ondate migratorie confidano di prendere maggiore forza e che l’uscita britannica sia l’inizio della fine dell’Unione Europea. E anche il movimento terrorista IS non può che rallegrarsi alla prospettiva di un’Europa più debole. La prima reazione della Cancelliera Merkel, di proporre un incontro a Berlino con i capi di governo francese, Hollande, italiano, Renzi e col presidente della Commissione europea Juncker è sintomo non solo della conclamata volontà di reagire allo shock, ma anche di un problema che continua ad affliggere l’Europa: l’eccessiva forza gravitazionale esercitata da una Germania dall’economia effervescente. Un problema, perché l’Europa ha bisogno di dialogo tra pari, non di direttori e l’uscita britannica riduce la capacità degli altri Paesi di essere contrappeso della Germania. Negli Stati Uniti la politica di Trump con tutta la sua carica di esofobia ne è stata rafforzata. I fatto che i “mercati” votassero massicciamente a favore della permanenza britannica nell’Unione mostra che, per quanto siano dominanti e prepotenti, sono fallibili e hanno bisogno di quella guida politica che sinora è mancata. L’Europa non è azzerata dall’uscita britannica, ma ne è fortemente scossa e minacciata: incombe la xenofobia e lo spettro di nuovi nazionalismi. Ovvero di quelle forze per esorcizzare le quali nacque l’integrazione europea. D’altro canto lo shock può essere salutare, se l’Unione riesce a mettersi davanti a uno specchio e a chiedersi quali siano i suoi veri fondamenti. Che stanno in una cultura comune di stampo marcatamente cristiano: che è cosa ben diversa dal dire clericale. La Gran Bretagna è sempre stata riluttante nei confronti dell’Europa. Fosse stato per De Gaulle sarebbe rimasta nella sua “spendid isolation”. Be’, ora è riuscita ad arrivarci. Spetta agli europei continentali dimostrare che non dipendono dalla Gran Bretagna per vivere in pace e collaborando tra loro su un piano di pari dignità. (LS) [caption id="attachment_7112" align="alignnone" width="800"]Lo stemma araldico della baronessa Margaret Thatcher, che col suo liberismo negli anni '80 pose solide basi per la crisi economica atutale. Lo stemma araldico della baronessa Margaret Thatcher, che col suo liberismo negli anni ’80 pose solide basi per la crisi economica attuale.[/caption]]]>

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