di Leonardo Servadio
Come favorire una cultura che compagini la tecnologia con la tradizione autoctona? Il problema è più evidente in Africa, dove il passato coloniale grava ancora. La costruzione delle nuove chiese nelle missioni può essere un veicolo importante. Il problema, nella ricerca di equilibrio tra tradizione locale e influsso esterno, è esemplificabile col caso della chiesa di Nostra Signora della Pace a Yamoussoukro in Costa d’Avorio voluta negli anni ’80 dal presidente Félix Houphouët-Boigny come imitazione di San Pietro in Vaticano, con costi economici non indifferenti, per dare prestigio al Paese: non alla Chiesa. Nei decenni scorsi in Africa (come in altri territori di nuova cristianizzazione, dall’America all’Australia) era usuale costruire chiese simili a quelle gotiche barocche, romaniche o neoclassiche, tra l’altro per segnare la comune appartenenza alla tradizione cristiana. Invece la Chiesa missionaria, committente sapiente di opere che divengono momenti fondanti dei posti ove sorgono, agisce secondo logiche diverse e fa delle sue chiese in Africa il germe di quelle che potranno essere le città nuove, capaci di coniugare la sostenibilità ambientale ed economica con la tecnologia appropriata al luogo, attraverso cantieri che divengono scuole dove si impara costruendo. Luoghi di culto non appariscenti ma autentici, edifici in cui si ravvisa il desiderio dei progettisti, per quanto stranieri, di ascoltare le tradizioni e le culture locali e di mettere la loro arte a disposizione del dialogo e dell’incontro. Queste chiese sono un riferimento per popolazioni che vivono sparse su vasti territori, baricentro di nuove realtà urbane.
da : Avvenire Martedì 25 22 Luglio 2014
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